Non c’è dubbio che i torinesi soffrano di mal di fegato. E non potrebbe essere diversamente, dopo i disastri provocati dal Pd e poi dai pentastellati. Con la complicità di una oligarchia privata taccagna non solo nei soldi ma anche nelle idee. Sarà forse per questo che Sergio Chiamparino sta spingendo per la candidatura a sindaco di Mauro Salizzoni, chirurgo esperto nei trapianti di fegato. Servirebbe di più un trapianto di cervello, ma anche il fegato può andar bene, se regala alla città un briciolo del coraggio che avevano i bogianen..
Il problema è che Salizzoni pretende di avere il via libera senza alcun confronto con gli altri potenziali candidati. Niente primarie e vai con l’unzione. Eppure solo pochi giorni fa pareva che Chiamparino avesse accettato l’idea di sostenere il “nuovo che cambia”, ossia Lo Russo. Che avrebbe potuto fare squadra con Lavolta per una rivoluzione dei quarantenni.
Poi, però, il vecchio Chiampa deve aver valutato che i quasi giovani virgulti del Pd non avevano, sino ad ora, offerto grandi dimostrazioni di abilità politica. Dunque meglio puntare sull’usato sicuro di Salizzoni. Un vecchietto come lui, a cavallo tra politico e civico. Perché è vero che Salizzoni è noto come chirurgo, ma ha pure un lungo percorso politico alle spalle, cavalcando le ondine dei vari gruppi dell’ultrasinistra. Per poi rassegnarsi all’idea che la rivoluzione non è prevista e, dunque, ci si poteva fare eleggere in Regione nelle liste del Pd, seppure con la foglia di fico della definizione di “indipendente”.
E poi, se ce l’ha fatta il vecchio Biden, può farcela anche il vecchio Salizzoni. Però non è per nulla sicuro che possa farcela Torino a sopravvivere con chi rimpiange ancora la politica dell’immonilismo di Diego Novelli.