Dopo aver diviso critica e pubblico nel 2020 con il confusionario e intricato Tenet, il regista britannico Christopher Nolan (già regista di blockbuster incredibili come Memento, Inception, The Prestige e la Trilogia del Cavaliere Oscuro) torna dopo tre lunghi anni nelle sale cinematografiche con un nuovo progetto che sin dal suo annuncio ha dominato le discussioni sul cinema (e le community di meme, grazie al fenomeno del Barbenheimer) per mesi, diventando un fenomeno di culto ancor prima della sua uscita: stiamo parlando di Oppenheimer, pellicola biografica dedicata alle vicende dello scienziato, padre della bomba atomica, Robert Oppenheimer.
La pellicola vede l’irlandese Cillian Murphy, talentuoso attore feticcio del regista diventato famoso con la celebratissima serie britannica Peaky Blinders, nei panni del celebre scienziato. Murphy, finalmente al centro del palcoscenico nolaniano dopo una vita di ruoli di supporto, è accompagnato da un cast che si può solo definire stellare in cui spiccano tra tutti i nomi di Florence Pugh, Emily Blunt, Matt Damon e un Robert Downey Junior che, a detta di molti, con questo film sembra essere in odore di Oscar dopo diverse candidature che non hanno mai portato alla vincita della statuetta.
Le vicende narrate dal film spaziano dagli inizi della carriera di Oppenheimer nel 1926 al periodo di Los Alamos, dove lo scienziato è direttore capo del team del famigerato Progetto Manhattan (responsabile per l’invenzione della bomba atomica, sganciata poi sulle città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki) per arrivare infine al tragico declino e all’assassinio della sua figura pubblica, tormentato dalle persecuzioni politiche del maccartismo durante gli anni ‘50.
La sceneggiatura aleggiava nella mente del regista già da più di 20 anni: un tentativo di Nolan di scrivere una “storia d’avvertimento”, figlia della “paura atomica” in cui generazioni (tra cui quella del regista britannico) sono cresciute e la cui texture interlacciasse senza sbavature la sfera personale di Robert Oppenheimer alle vicende storiche e geopolitiche in cui si è ritrovato coinvolto. Lo script è stato scritto in prima persona, secondo Nolan per potersi avvicinare il più possibile alla prospettiva soggettiva dello scienziato americano, restituendoci il ritratto di un uomo tanto brillante quanto tormentato e afflitto dall’essere il responsabile di una reazione a catena che porterà l’umanità sull’orlo della follia nucleare.
Le riprese, durate 57 giorni, hanno visto Nolan impegnato nei luoghi che hanno visto nascere e crescere gli orrori del Progetto Manhattan (Los Alamos, Santa Fe e i deserti del New Mexico). Il regista britannico ha preferito l’utilizzo di effetti speciali reali, senza alcun ausilio di computer grafica, per la ricostruzione dei test nucleari, dando i natali a ridicole voci di corridoio sull’uso di veri ordigni atomici per le riprese.
Il film non segue (come da tradizione di Nolan) l’ordine cronologico degli eventi, bensì si diverte a saltare da un periodo della vita di Oppenheimer all’altro seguendo quasi uno sviluppo emotivo-sinfonico che alterna il punto di vista dello scienziato (andando anche a fondo nella sua visione delle scienze e del mondo della fisica) al punto di vista più “oggettivo” della Storia.
Non mancano all’appello momenti e scene che definire “disturbanti” è riduttivo e la pellicola, dai toni già fortemente deprimenti, arriva in alcune sequenze a dismettere per alcuni istanti i “comuni” panni della bio-pic drammatica ad alto budget per vestire quelli dell’horror psicologico più sottile e inquietante. Momenti che non mancheranno di scuotere le coscienze degli spettatori, che potrebbero uscire dal cinema con più di qualche pensiero per la testa a riguardo.
La pellicola mostra tutti i punti di forza del suo autore, così come tutti i suoi difetti: i detrattori del film e del regista non mancheranno di sottolineare la pretestuosità di alcune scelte artistiche, la generale aria di “intellettualismo chic” che è da sempre la principale croce posta dai suoi oppositori sulle sue spalle. In molti hanno anche notato una qual certa “freddezza” nella costruzione delle scene e nella recitazione degli attori che i più critici hanno definito, con giusto una punta di esagerazione, “robotica”.
In conclusione, il film è puro Nolan 100%, con i suoi pregi e difetti e può essere annoverato senza farsi troppi problemi tra quelli che sono i capolavori del regista d’oltremanica. Un’opera ambiziosa che sviscera una delle figure storiche più controverse della nostra storia recente, fino ad arrivare ai recessi più intimi e oscuri della sua psiche, là dove Robert Oppenheimer trovò dentro di sé “Morte, il distruttore di mondi”. I fan più sfegatati di Christopher Nolan e gli appassionati di drammi storici dalle tinte forti e pesanti usciranno dal cinema più che soddisfatti (e inquietati) da questo nuovo lavoro del regista e il suggerimento è di non lasciarselo assolutamente sfuggire.