La necessità di evitare gli assembramenti per l’arrivo del virus Covid-19 anche in America latina ha reso necessario il rinvio delle tornate elettorali previste in Cile e Bolivia. L’importante referendum cileno che si sarebbe dovuto tenere domenica 26 aprile ha già una nuova data, quella del 25 ottobre.
Il presidente Sebastián Piñera, che l’11 marzo ha superato la metà del proprio mandato elettorale, è di fronte ad una nuova sfida, di pari grado al terribile terremoto che nel febbraio 2010 comportò oltre 500 morti e due milioni di sfollati durante il suo primo mandato alla massima carica istituzionale del Paese. Le manifestazioni di protesta di una popolazione stremata dalle misure neoliberiste hanno continuato a susseguirsi fino a pochi giorni fa riempendo quella plaza Italia ormai ribattezzata dai più plaza de la Dignidad.
La scelta, inevitabile, del rinvio non sembra poter portare ad uno stravolgimento del pensiero pubblico della maggioranza della popolazione. All’attuale esecutivo di Palacio de la Moneda, che per il momento resta in sella nonostante un gradimento ai minimi storici, il compito di gettare le basi, nei prossimi sei mesi, di un cambiamento rimandato per oltre 30 anni, quelli passati dalla nascita del Cile democratico sorto sullo scheletro, ancora visibile, della dittatura militare di Augusto Pinochet a cui risale la Costituzione ancora in vigore nella nazione sudamericana.
Altro rinvio è quello delle elezioni generali, presidenziali e parlamentari, in Bolivia. In questo caso i sette milioni di aventi diritto non conoscono ancora la nuova data che sostituirà quella iniziale, e troppo prossima, di domenica 3 maggio.
Lo slittamento consentirà alla presidentessa ad interim Jeanine Áñez di provare a trovare un accordo con gli altri candidati d’opposizione al Movimiento al Socialismo (Movimento per il Socialismo, MaS), l’ex presidente Carlos Mesa e l’avvocato Luis Fernando Camacho, considerando i sondaggi che sono concordi nell’indicare l’ex membro del governo Morales, l’economista Luis Arce, abbondantemente in testa.
A dare una parvenza di democrazia, dopo l’esclusione dalla corsa ad un posto al senato dell’ex presidente Evo Morales ci ha pensato il Tribunal Supremo Electoral (Tribunale Supremo elettorale, TSE) che ha chiarito che la nuova data verrà stabilita da una consultazione tra tutte le forze politiche.
A restare in sella insomma saranno due governi di destra liberista, di cui uno nemmeno eletto dalla popolazione, nel totale silenzio dei media occidentali che, invece, continuano gli attacchi all’esecutivo bolivariano di Nicolás Maduro su preciso ordine degli Stati Uniti, la cui apertura per l’eliminazione delle sanzioni economiche assomiglia al “piano per la pace” proposto ai palestinesi in Medio Oriente, ovvero del tutto irricevibile da una nazione sovrana, quale è davvero quella venezuelana.