Domenica il Cile vedrà sfidarsi due candidati in assoluta antitesi per la presidenza della Repubblica e la decisione dei cittadini, per la verità sempre più disillusi dalla politica come testimoniato dalla bassa affluenza al primo turno, incanaleranno il futuro del Paese in un senso o nell’altro.
Nel primo, qualora il candidato della destra José Antonio Kast dovesse confermare il vantaggio ottenuto il 21 novembre, si aprirebbe una fase di conflitto con l’Assemblea Costituente che sta redigendo la nuova Carta fondamentale della nazione sudamericana ed è a stragrande maggioranza composta da deputati provenienti da movimenti, comitati e partiti di sinistra.
Nel secondo, qualora il candidato della sinistra ed ex leader studentesco Gabriel Boric dovesse riuscire a ribaltare lo svantaggio attirando su di sé i voti di chi teme una destra dal sapore pinochettista, la svolta politica, seppur non rivoluzionaria, rispetto ai mandati socialdemocratici e della destra liberale post-dittatura sarebbe evidente.
Nel frattempo il presidente uscente Sebastian Piñera ha concluso l’iter legislativo per l’approvazione del matrimonio egualitario. Una proposta di legge presentata nel corso del secondo mandato della presidenza di Michelle Bachelet ma poi posta in soffitta per svariati anni e che oggi amplia la distanza tra l’attuale esecutivo liberale al governo e la destra conservatrice, anche e soprattutto sui temi etici, rappresentata da Kast, non a caso oppositore di Piñera negli ultimi quattro anni.
Una divergenza che potrebbe causare problemi al leader del Partido Republicano (PLR) che dovrà necessariamente aumentare il proprio bacino di voti per ottenere la massima carica istituzionale e risiedere dal 2022 al 2026 al Palacio de La Moneda.