Nel prato di fronte a casa c’è un ciliegio in fiore. Un prato verde, ma trascurato. Un piccolo recinto per i giochi dei bambini. Un altro per l’area cani. Tenuto male. Sporco. Colpa dell’incuria delle Amministrazioni di questa città. Diverse nei simboli. Uguali nel rendere una delle città più belle del mondo un immondezzaio. Roba da fare vergognare il Burkina Faso….
Ma colpa anche dei, cosiddetti, cittadini. Di una maleducazione imperante. Ostentata. Compiaciuta di se stessa.
Comunque, il ciliegio è fiorito. Come gli altri, lungo il viale di periferia che porta al supermercato dove, ogni tanto, vado per la spesa. Ci vado a piedi. Una passeggiata di un paio di chilometri. E, in genere, sono solo. Tutti vanno in auto. Di fretta. Tanto…è solo un vialone periferico come tanti altri…
Però, camminando, io vedo quei ciliegi. E anche due mandorli, la cui fioritura è stata ben più precoce. E dietro quel dosso recintato, ci sono anche i resti di una villa romana. Che tutti, o quasi, ignorano.
Comunque, Primavera è arrivata. Oggi è il 20. Equinozio. Appena desto mi sono premurato di mandare gli auguri ai miei amici persiani, turchi, azeri, kazaki… e anche a qualcuno che vive nei Balcani. Per loro è festa grande. Una sorta di Capodanno. Nowruz, usando l’antica parola iranica. Una celebrazioni le cui origini si perdono nelle remote radici della storia. Qualcuno ne attribuisce l’origine a Zarathustra. Altri la ritengono ancora più remota. Cristianesimo ed Islam non l’hanno soppressa. Solo apportato alcune modifiche formali. Sulle tavole, imbandite e decorate a festa, oggi, per lo più, fa mostra di sé il Corano. Solo la piccola minoranza zoroastriana dell’Iran continua ad esporre lo Zend Avesta. Ma il significato del libro sacro tra un trionfo di frutta, semi, spezie, resta lo stesso.
Qui da noi il 20, l’Equinizio, è un giorno come gli altri. Quasi nessuno vi fa caso. Anche perché la primavera metereologica è l’unica che cogliamo. E non ha una data precisa.
Non è sempre stato così. Un tempo, presso i popoli dell’Europa pre-cristiana, la Festa di Primavera rivestiva un ruolo speciale. Celebrava, o meglio evocava la rinascita. Di qui l’assimilazione ad una sorta di Capodanno. Inevitabilmente aveva connotati spesso orgiastici. L’eros è il motore primo della rigenerazione del Cosmo. La potenza germinale della vita. Come nelle Metamorfosi di Ovidio.
E vi erano banchetti rituali, coi cibi di stagione. Sacrifici, anche sanguinosi. E, nei tempi più arcaici, non solo di animali…
Libagioni, naturalmente. E danze sfrenate. E canti.
Eppure non pensate a qualcosa di bruto, animalesco. Volgare. Non pensate a certi, cosiddetti, festini in voga oggi nel nuovo perbenismo ipocrita.
Quelli erano, per chiunque vi partecipasse, riti sacri. Come tali erano Puri. E Belli.
Botticelli ne ha saputo cogliere la profonda bellezza e il mistero nella sua Primavera. La figura di Flora che incede lieve, quasi senza sfiorare il suolo…. Ariele che si confonde nel vento. La danza delle Grazie in un cerchio perfetto….
La dimensione misterica è perduta. Da tempo. Botticelli fu uno degli ultimi ad intuirla. Attraverso l’arte. Attraverso la Bellezza. Come ancora Vivaldi con la sua musica…
Ora, però, anche la dimensione estetica, la percezione della bellezza della Primavera sta svanendo… siamo troppo chiusi in noi stessi. Prigionieri nelle scatole di ferro delle nostre paure. Che ci vogliamo illudere siano pensiero razionale. Lì non vi sono stagioni. Solo cupa tenebra. E ottusa.
Fa ancora freddo, però, stamattina. Un vento ghiacciato. Potrebbe persino giungere una nevicata tardiva.
Mi ritorna in mente uno dei capolavori di Mishima. “Neve di primavera”. L’immagine del giardino dei ciliegi sotto la neve.
Per un attimo, provo un senso di felicità…