Più di 41mila domande di brevetto relative alla ricarica dei veicoli elettrici e alla sostituzione delle batterie. Sono quelle che hanno presentato le aziende cinesi tra il 2010 ed il 2022. Nello stesso periodo le richieste depositate dalle imprese giapponesi sono state poco meno di 27mila, con la Germania al terzo posto con 16.340 seguita da Stati Uniti (14.325) e Corea del Sud (11.281). L’Italia, ovviamente, non è ai primi posti della classifica. Ma è al primo posto mondiale per numero di lamentele e piagnistei da parte delle aziende del settore.
Eppure neanche in questo ambito si “nasce imparati”. Tanto è vero che, sino al 2015, la Cina era dietro a Giappone, Germania e Stati Uniti quanto alla presentazione di brevetti nel settore. Ma l’anno successivo era già balzata in testa alla classifica quanto a brevetti in un solo anno e, dal 2019, ha il primato mondiale per il totale delle domande presentate partire dal 2010. Nel frattempo l’Italia continuava a lamentarsi per l’eccessiva rapidità del cambiamento.
Va anche tenuto conto che la filosofia industriale di Pechino e Tokyo è molto diversa. I cinesi puntano su ricariche sempre più rapide che, tuttavia, incidono sulla durata della batteria mentre i giapponesi puntano su soluzioni più soft, meno rapide ma anche con un minore impatto sulle batterie. L’Italia punta invece sulla possibilità che il piagnisteo infinito possa obbligare l’Europa a rinviare l’entrata in vigore delle misure per l’auto elettrica pur di non ascoltare gli imprenditori italiani che frignano.
D’altronde i prezzi delle auto elettriche in Italia ed in Europa sono troppo alti per il potere d’acquisto di buona parte delle famiglie. Con il rischio che l’arrivo sul mercato di vetture cinesi (e indiane) a prezzi sensibilmente più bassi possa spazzare via le produzioni locali.