La previsione del Center for Economics and Business Research è che la Cina supererà gli Stati Uniti e diventerà la prima potenza economica mondiale nel 2028, con cinque anni di anticipo rispetto al previsto. Il risultato sarebbe legato alle diverse capacità di recupero dalla crisi collegata alla pandemia da Covid.
Nel 2019 il sorpasso era stimato nel 2033, ma il virus ha ribaltato gli equilibri mondiali, soprattutto economici. Terza potenza economica mondiale dovrebbe restare il Giappone, almeno fino al 2030 quando verrà scavalcato dall’India. A quel punto la Germania passerà da quarto al quinto posto. mentre la Brexit spingerà il Regno Unito dal quinto al sesto posto.
L’Italia attualmente è l’ottava potenza economica globale, ma perderà posizioni nei prossimi anni, scendendo al quattordicesimo posto nel 2035. Invece la Francia manterrà la sua settima posizione nel 2021.

La Cina ha gestito la crisi meglio delle altre economie mondiali e quest’anno sarà l’unica a crescere, con un Pil che salirà del 2% contro il meno 5% dell’economia americana. La pandemia non ha indebolito la Cina. Al contrario, a ben vedere, ha rafforzato il suo ‘stato patrimoniale’ anche rispetto agli Stati Uniti, che la precedono nella classifica delle potenze mondiali.
La nostra bilancia commerciale, nei confronti della Cina, è negativa. Tra gennaio e luglio 2020, abbiamo esportato verso la Cina prodotti per più di 6,5 miliardi di euro, ma ne abbiamo importati per più di 19 miliardi.
La Cina ha prestato all’Africa in dieci anni circa 200 miliardi. La maggior parte di questi prestiti sono andati ad Angola, Zambia, Congo, Sudan, Kenya, Etiopia e Camerun. Investimenti lungimiranti perché lo Zambia, nell’incapacità di pagare il debito contratto, s’è visto costretto a trattare la cessione della propria società elettrica alla Cina.

Un’imponente offensiva di “soft power”dispiegata dalla Repubblica Popolare e studiata per sfruttare l’emergenza, con il fine ultimo di rafforzare ulteriormente l’insediamento economico-politico cinese.
Deve far riflettere il fatto che dal 2009, anno nel quale ha superato gli Stati Uniti, la Cina è il primo partner commerciale dell’Africa, al primo posto sia per le importazioni che per le esportazioni. Tra il 2013 al 2018 l’interscambio Cina-Africa è aumentato di undici volte, raggiungendo un valore di 185 miliardi di dollari. Attualmente i flussi annuali di investimenti sono cresciuti, l’Africa ospita circa 10mila aziende cinesi.
È sul debito e la creazione d’infrastrutture che la Cina ha generato dipendenza economica su cui fare leva per i suoi interessi. Siccome l’Occidente limita le importazioni di merci dalla Cina, gli imprenditori cinesi aprono fabbriche in Africa usando materiali e macchinari cinesi, ma personale locale: i vestiti sono ufficialmente «made in Africa» così è più facile vendere negli Usa e nella Ue. Un’alleanza diplomatica volta ad aggirare la politica restrittiva delle quote commerciali.