“Sai che abbiamo un cinghiale nel quartiere?” il mio amico S.. Mi sta chiamando da Roma. Dove, fino a una decina di giorni fa, vivevo. Ma, forse, sarebbe più giusto che dicessi abitavo, risiedevo, che so…alloggiavo. Perché vivere è altra cosa.
Comunque c’è un cinghiale. Che si aggira tranquillamente, grufolando soddisfatto tra i cassonetti che straripano di immondizie. Lo hanno visto in parecchi. Anzi, sembra che una volta, dopo un pasto particolarmente lauto, si sia steso su un materasso – che qualche virtuoso cittadino aveva gettato lì, perché, certo, le amministrazioni hanno molte colpe, ma anche i cittadini…insomma, aveva ragione Platone. Ogni popolo ha il governo che si merita… Ed abbia approfittato per farsi una pennica… In fondo è un cinghiale romano…
S., però, è preoccupato. Non tanto per il cinghiale, in fondo è un animale pacifico, mi dice. Per i cani. Molti li portano a passeggio senza guinzaglio. E se questi lo vedessero…
Pacifico è pacifico, certo. Ma se si sentisse aggredito…beh, può essere micidiale.
Pacifico…certo, il cinghiale, come tutti gli animali, non attacca se non per fame e, soprattutto, perché si crede minacciato. Tutti, tranne l’uomo. Forse. Ma prima di dirlo con certezza, sarebbe bene riflettere un pochino sulle opere di Konrad Lorenz…
Comunque, non è proprio che il cinghiale abbia mai rappresentato la tranquillità. All’opposto, è simbolo di potenza fisica, vitalità. Spesso violenza. Tant’è che nella rappresentazione medioevale diventa, spesso, immagine di Satana. In concorrenza con il ben più noto Caprone.
Così, molte streghe, quando volano al Sabbah, cavalcano un verro. Un grosso maschio di cinghiale. Che, rappresentando anche la potenza sessuale, ben si addice a veicolo per raggiungere quella che, nell’immaginario popolare, era un’orgia diabolica.
Nel suo capolavoro, “Il Maestro e Margherita”, Bulgakov lo ricorda. Rappresentando la timida borghese Margherita che, divenuta strega per amore, vola cavalcando proprio un verro. E ride, con i capelli sciolti nel vento della notte.
La metamorfosi diabolica, non è, in realtà, altro che la lettura cristiana – preoccupata e spaventata – di antichi miti. Lug, il Dio celtico legato alla magia e al culmine dell’estate, veniva spesso rappresentato con un cinghiale. E forse il Sant’Antonio (abate) del porzèl, fino a poco tempo fa venerato nelle campagne venete, ne è la versione cristianizzata. E ammansita.
Ma è soprattutto con divinità femminili che il nostro cinghiale veniva associato. Sacro a Freya, Dea germanica della generazione e dell’eros. E legato, indissolubilmente, ad Afrodite /Venere nel mito greco – latino.
Due i grandi maschi di cinghiale che vi compaiono.
Il primo è quello di Erimanto. La quarta fatica di Eracle. Che deve ammansirlo. E riportarlo legato, senza ucciderlo.
Le Dodici Fatiche sono un percorso, diciamo così, iniziatico. Di conoscenza e dominio di se stessi. E quella del Cinghiale di Erimanto rappresenta il controllo della potenza generativa dell’eros. Che va domata. Non spenta. Assoggettata alla volontà cosciente dell’eroe. Non a caso, poi, il Cinghiale divenne una costellazione. Perché questo è l’altro nome che orientali e greci davano a quella dell’Orsa.
Ma è il Cinghiale Calidonio che maggiore importanza assume nel mito greco. Intorno alla sua caccia ruotava un vero e proprio, grande, ciclo epico, cui fa più volte riferimento Omero. Un ciclo che vedeva scendere in campo i più grandi eroi della generazione precedente quella dell’Iliade. Tant’è che fra essi vi è Peleo, padre di Achille. E poi tanti altri. Guidati da Meleagro. Tormentato dalla passione per l’eroina Atalanta. Che sarà causa di guerra. E della sua morte.
Un Cinghiale speciale, quello Calidonio. Perché generato da Ares stesso, forse una sua incarnazione. Quando volle vendicarsi del tradimento di Afrodite, uccidendo il giovane cacciatore Adone.
Il finale di quel capolavoro dimenticato che è “Venere e Adone” del nostro Marino, lo racconta con rara intensità drammatica. Celando, dietro a questa, una complessa simbologia. Erotica e alchemica.
Mi cincischio con questi pensieri…e mi immagino il cinghiale pigro e spazzino che si aggira per il mio, vecchio, quartiere di Roma.
Intanto, l’alba sorge dietro alle vette. E comincia a illuminare i boschi. Dove si aggirano liberi altri cinghiali. Che non si nutrono dei rifiuti degli uomini…