L’altro giorno ho chiesto al mio editore: “ma devo scrivere solo di cinema?”, e lui, serafico: “scrivi su ciò che vuoi, quello che ti piace”. Fantastico, ho pensato. Avercene di editori così.
Poi ho cominciato a preoccuparmi. E adesso di cosa scrivo? Dovevo scegliere un argomento, qualcosa di tendenza.
Così è partita un’intensa ricerca in internet. Come sempre la rete offre tantissime informazioni, tutto sta nel selezionarle. In questo caso però l’impresa appare titanica se non impossibile. In rete praticamente chiunque offre a titolo gratuito la sua personale lista di argomenti al top. C’è anche chi si fa pagare, dichiarando di sapere, grazie a complesse ricerche di solito generate da un algoritmo, quali sono le vere tendenze del momento.
E’ fondamentale che la lista sia aggiornata. Argomenti di cui tutti parlavano fino a l’altro ieri magari oggi non interessano più a nessuno. Quindi cosa fare? Decido di non ricorrere a quelli a pagamento. Non sono sicuro che le loro liste siano più attendibili delle altre, mi dico. O forse è solo tirchieria. Comunque decido di scaricare una serie di liste dalla rete un po’ a caso un po’ seguendo il mio istinto (cioè sempre a caso).
Al primo posto degli argomenti troviamo “Medicina”. Mi sembra logico. Dopo la pandemia me lo aspettavo, ma non posso parlarne. Non so niente a riguardo. Anche se durante la pandemia sembravano diventati tutti dottori…
Passo, fiducioso, al secondo posto: “Animali domestici”. Neanche questo va bene. Io non ne ho, potrei al massimo scrivere del gatto della vicina.
Al terzo posto inaspettatamente c’è “Arte”. Vi sembra plausibile? A me no. Anche perché per trovare un argomento che abbia a che fare con l’arte, che non sia “Auto e Moto” (9° posto) o “Cosmetica” (14° posto) dobbiamo arrivare al 20° posto: “Cinema”.
A questo punto realizzo che forse ho sbagliato tutto nella vita, almeno quella professionale. Ventisette anni di carriera in un settore che non interessa quasi a nessuno. Poi mi consolo un po’. “Lavoro” 30° posto, “Istruzione” 31° posto, “Politica e Governo” 32° posto, “Notizie” 33° posto.
Notizie 33° posto? Ma la gente che si aspetta di leggere su un giornale?
Basta. Mi impongo di mantenere una mentalità aperta, l’editore mi ha dato fiducia, non posso deluderlo.
Scriverò qualcosa che piaccia e che interessi ai più. Sarà un articolo cliccatissimo.
Quando mio figlio era piccolo per addormentarsi voleva gli raccontassi una storia, ma non una storia qualsiasi tipo Cappuccetto rosso. Lui voleva ogni sera una storia originale inventata lì per lì, ma non gli bastava, sceglieva lui i personaggi principali e spesso erano alquanto improbabili e assurdamente assortiti.
Visto che mi sono allenato in gioventù a questa strana pratica ho pensato che potrei fare lo stesso con il mio prossimo articolo. Comincerò parlando di medicina: “c’era una volta un dottore…”, per poi passare agli animali domestici: “…che aveva un cane…”, “…un cane grande appassionato d’arte…” (l’avevo detto che questo terzo posto era sospetto).
Insomma avete capito che con l’affidabile guida delle liste degli argomenti top mi appresto a scrivere l’articolo dell’anno. Il mio editore sarà fiero di me, magari mi darà l’aumento.
Poi vengo assalito da un dubbio. Se nel tempo che intercorre tra l’invio dell’articolo e la pubblicazione questo diventa obsoleto? Magari già domani di medicina e gattini non importerà più a nessuno.
Certo che al giorno d’oggi è davvero difficile fare il giornalista di tendenza!
Poi mi viene un’idea ardita: scrivo solo l’ossatura dell’articolo lasciando gli spazi nei punti giusti da riempire. Quando l’articolo arriva in redazione qualcuno inserisce le parole più di tendenza negli spazi vuoti e il gioco è fatto.
Geniale. Così l’editore mi licenzia in tronco e mi sostituisce con un’applicazione che fa la stessa cosa, ma senza costargli uno stipendio.
Credo che a conti fatti mi convenga avere la mente un po’ meno aperta, essere un po’ meno in linea con le nuove tendenze, provare a scrivere di quello che conosco e che più mi appassiona. Forse non scriverò mai l’articolo più cliccato dell’anno e non credo che l’editore mi darà l’aumento, ma mi piace pensare che i miei lettori (quei due o tre sconosciuti) comincino a leggere un mio articolo curiosi di sapere cosa gli racconterò e non rassicurati dal fatto che dirò solo quello che vogliono sentirsi dire o raccontare.