D’accordo, non bisogna chiedere all’oste se il vino è buono. E se si chiede ad un allevatore o ad un macellaio qualche informazione sulla propria carne, difficilmente ne parlerà male. Poi, però, ci sono anche i dati, oltre al sapore. E come ci sono i grandi vini, così ci sono le grandi carni. Per questo Coalvi, il Consorzio di tutela della carne di bovino di razza piemontese (nota anche come Fassone), ha pubblicato un libro, “Carne e salute”, scritto da medici, biologi, ricercatori per sfatare i falsi miti contrari alla carne nell’alimentazione.
Smentendo, tra l’altro, anche le assurdità sostenute dall’Oms (tanto per cambiare) sulla base di interpretazioni farlocche di dati inutili.
Dunque la carne fa bene. Ma non tutte le carni. Nel volumetto, in distribuzione gratuita nelle macellerie a marchio Coalvi, si sottolinea ad esempio che la carne di Fassone piemontese “si colloca in una fascia di indice aterogenico compreso tra 0,3 e 0,4 nella quale si ritrovano pesci come l’orata e la trota”. Quanto all’indice trombogenico, il Fassone ha un indice di poco inferiore a 1, a fronte dello 0,2/0,3 del pesce, ma a fronte anche dell’1,8 della carne di bovino di razza Frisona.
Si tratta quindi di un prodotto utile in gravidanza, nella fase dello sviluppo, per gli sportivi e per gli anziani. Ma, soprattutto, si tratta di un prodotto saporito, gustoso, che si esalta quando viene presentato crudo. La classica “cruda battuta al coltello”, con un briciolo di sale e senza neppure la necessità di un filo d’olio o un po’ di limone, anche se in genere viene servita appunto così. Naturalmente la “piemontese” è perfetta anche per le più diverse cotture. C’è solo l’imbarazzo della scelta. Che diventa sempre più difficile poiché aumentano i prodotti ottenuti con la “piemontese”. Dalle salsicce alla bresaola, dal manzo affumicato di Lenti (funziona l’accordo con l’industria) al würstel.
La qualità, tra l’altro, sta facendo crescere la domanda dall’estero. E Coalvi si sta attrezzando per un’espansione internazionale.