Non è mia abitudine scrivere “coccodrilli”. In ogni redazione vi è chi se ne occupa. E non è mai stato il mio mestiere. Per cui, sinceramente, non so se questo sia un “coccodrillo” o altra cosa, che so… un ricordo personale, un momento di malinconia…
Il fatto è che, con lo scorrere degli anni, i fantasmi attorno a noi si affollano. E, come mi disse un giorno Marco – amico di una vita – si finisce con l’avere più amici dall’altra parte della Grande Barriera che qui, in quella che ci ostiniamo a chiamare realtà.
Dunque. È morto Giorgio Brianese. Ne parlano i giornali di Venezia, la sua città, ed anche il Corriere gli ha dedicato un trafiletto.
Era un professore di filosofia, uno studioso, un filosofo. Allievo (prediletto) di Emanuele Severino, insegnava a Ca’ Foscari. Se l’è portato via un infarto. Improvviso. Pochi giorni dopo il suo sessantatreesimo compleanno. Punto.

O meglio, ora, dovrei, sinteticamente dire delle opere che ha scritto, gli studi su Michelstaedter, su Nietzsche, su Popper, su Schopenhauer, su Gentile. Magari accennare al fatto che il grande, diffusissimo manuale dell’Abbagnano Fornero, nell’edizione scolastica che gira, in realtà è opera sua. E anche quello che porta il nome di Severino. Dire questo, e chiuderla lì.
Il fatto è, però, che io non solo non so fare i coccodrilli, ma anche che Giorgio lo conoscevo.
Amici… beh, lo siamo stati. Un’amicizia nata nei primi anni d’insegnamento, e poi nel tempo allentatasi, così, senza una ragione. Semplicemente i casi della vita, che fanno incontrare persone, frequentarle, entrare in confidenza. E poi le allontanano. E noi ci eravamo completamente persi di vista, da anni ormai.
Una delle ultime volte che parlammo fu quando presentò a una platea d’insegnanti un suo libro su Gentile. Gli dissi scherzando: Beh, e quando uno studio che rivaluti anche Evola?
Lui scoppiò a ridere.
“Mi vuoi proprio male, vero?”
Perché la sua estrazione politica, i suoi trascorsi giovanili, erano opposti ai miei. Lo avevamo scoperto ad una cena tra colleghi. O meglio con colleghe, visto che eravamo gli unici due maschi presenti.. Ad un certo punto, ci si frequentava già da qualche mese, mi fa “Ma tu non ti ricordi?” e mi riportò alla memoria un vecchio episodio, una notte nella quale lo avevo inseguito per mezza Mestre, ed eravamo quasi venuti alle mani. La ragione è nebbiosa. Mi pare che avesse a che fare col vetro di una bacheca che lo avevo sorpreso a rompere a martellate… Se non sapete cosa sia una bacheca, e a cosa servisse nei roventi anni ’70, siete fortunati. Perché giovani.
Comunque ridemmo come pazzi, anche perché le nostre colleghe avevano addirittura le lacrime agli occhi immaginando la scena. Noi due che ci rincorrevamo e mettevamo (quasi) le mani addosso. Ma, ovviamente, come ci vedevano allora, non come eravamo a diciott’anni.
“Sceme – disse Giorgio, e il ricordo qui è preciso – eravamo magri allora. E io avevo anche fluenti e lunghi capelli biondi…”
Già, perché eravamo entrambi alquanto corpulenti, in quel momento. E per lui le chiome erano, ormai, un remoto ricordo…

Si lo so… dovrei parlare dell’opera di Brianese, dei suoi studi che, in parte almeno, ho letto. Della sua passione, più che interesse, per filosofi, pensatori anomali, fuori dalle righe dell’accademia, ribelli o, meglio ancora, anarchi… E della sua scrittura che, anomalo per studi universitari, aveva sensibilità letteraria, qualità ed eleganza…
Tuttavia, mi continuano a venir in mente altre cose. Le sue risate esplosive in treno, in quella tradotta che ci portava all’alba a San Donà di Piave, ove entrambi insegnavamo… Le colazioni in un caffè pasticceria, dove si ingozzava felice di brioches appena sfornate, calde ancora, alla faccia del peso e della dieta… E quel mattino di una grande nevicata, quando, di fronte ai nostri studenti stupiti, ci divertimmo a scagliare palle di neve alle colleghe. Mirando, lo confesso, alla loro, diciamo così, schiena…
Eravamo giovani. E allegri. A nostro modo, felici di ciò che avevamo.
Mi ricordo che, una volta, Giorgio mi disse che, secondo Severino, siamo già tutti salvi, da sempre, nella Valle dell’Essere…
Ci credi? Gli chiesi.
Si strinse nelle spalle.
“Beh, è Parmenide. Speriamo che abbia ragione” e scoppiò a ridere, come sempre.
Ora avrà potuto verificarlo.
Forse ci rivedremo lì, un giorno. In quella Valle.
1 commento
Caro Andrea, non ci vediamo dai tempi di San Donà e ormai avrai un ricordo assai vago di me. Forse meno delle Charatan che fumavamo insieme in treno. Consentimi tuttavia di farti le pulci, in omaggio all’oggettività. Io ho contribuito con qualche capitolo e sezione a passate edizioni dell’Abbagnano – Fornero dell’editore Paravia e per varie ragioni ne ho seguito indirettamente lo sviluppo anche in relazione alle edizioni successive. Ora, de mortuis nihil nisi bonum, ma credo che non serva ampliare i contributi e i meriti di Giorgio Brianese con affermazioni infondate e in effetti false come quella secondo cui sarebbe in realtà lui il ghostwriter e l’estensore effettivo del manuale sopra citato. Ti posso assicurare (e vedi bene che non me ne viene niente in tasca, se non ristabilire un fatto oggettivo di cui sono non solo edotto, ma testimone diretto) che l’Abbagnano – Fornero è di Abbagnano e di Fornero (i quali correttamente menzionano la responsabilità autoriale dei collaboratori, se e quando ci sono, e i cui nomi individuerai nei volumi). Se è certo che Brianese ha fatto molto altro, è altrettanto certo che non ha la paternità di quel testo. [Mauro Sacchetto]