Due campagne elettorali in una o forse molte di più come testimoniano i due precedenti tentativi di scalata alla presidenza della Repubblica colombiana da parte di Gustavo Petro che vedono l’ex appartenente alla guerriglia dell’M-19 finalmente trionfare facendo svoltare a sinistra anche l’ultimo baluardo liberale in America latina.
Due campagne elettorali perché come sempre l’ampio divario tra primo e secondo turno ha consentito alla destra di far convogliare i voti su Rodolfo Hernández, giunto a sorpresa al secondo turno scalzando il candidato “ufficiale” dei partiti centristi Federico Gutiérrez per poco più di quattro punti percentuali.
La mobilitazione contro il pericolo populista in salsa rosa non ha ottenuto, però, lo stesso risultato del 2018 e il consistente aumento di elettori recatisi alle urne in un Paese solitamente abituato a importanti percentuali di astenuti ha decretato il punto di svolta a favore del candidato della coalizione di sinistra del Pacto Histórico.
Se, infatti, il tiktokero ed ex sindaco di Bucamaranga ha quasi raddoppiati i consensi (da poco meno di sei a dieci milioni e mezzo) anche il sessantaduenne ex sindaco della capitale Bogotà è riuscito ad incrementare i proprio voti (da otto milioni e mezzo ad undici milioni e trecentomila).
La vittoria, giunta in termini percentuali con il 50,4% contro il 47,3 per via delle percentuali assegnate a schede bianche e nulle, non è mai stata in discussione portando lo sfidante sconfitto al riconoscimento dell’esito delle urne e il presidente uscente Iván Duque, espressione dell’uribismo, a congratularsi con il futuro inquilino di Palazzo Nariño.
Sarà al fianco di Petro in veste di vicepresidente Francia Márquez, la donna afrodiscendente giunta seconda alle primarie di coalizione.
In attesa del responso delle urne brasiliane previsto per il mese di ottobre un altro tassello va a comporre il nuovo puzzle di riscossa della sinistra latinoamericana che giunta al potere in Cile e Perù oltre che nella stessa Colombia potrebbe assestare un duro colpo agli interessi statunitensi con la rielezione di Lula a discapito di Bolsonaro.