“Come ho vinto il mio premio letterario? Non so se il mio libro fosse il migliore, ma so che tutte le amministrazioni comunali guidate dalla sinistra, dalle Alpi alla Sicilia, hanno sostenuto il mio volume. In ogni città o paese ne venivano acquistate 3/4 copie per la biblioteca locale. Ed è diventato un successo letterario”.
Sono le confessioni, oneste, di uno scrittore che, pur profondamente critico, non ha mai rinnegato la sua appartenenza alla gauche culturale italiana. E che, ripercorrendo il cammino che aveva portato al premio, sottolineava le differenze rispetto ad una destra politica impegnata allo spasimo nel distruggere ogni tentativo culturale che vada al di là del perimetro del Grande fratello o dell’Isola dei famosi.
Eppure non ci sarebbe voluto molto per aiutare le case editrici di area utilizzando il medesimo sistema. Così come sarebbe sufficiente copiare i tour che le case editrici gauchiste organizzano in tutta Italia per promuovere i propri autori. Decine e decine di presentazioni nelle varie librerie, nei centri culturali, nelle sedi delle associazioni. Da Nord a Sud, Isole comprese. E l’autore, ovviamente, non deve affrontare la benché minima spesa, oltre ad essere “incentivato” economicamente. E ancora passaggi televisivi sulle reti pubbliche e private. Recensioni su giornali cartacei ed online.
Sul fronte opposto va già bene se l’editore non pretende un contributo dall’autore solo per avviare la pubblicazione. Le presentazioni rappresentano un costo, dunque si riducono al minimo indispensabile. Possibilmente nella città dell’autore, così non si deve litigare per chi deve far fronte alle spese di viaggio ed hotel. Le copie da inviare ai giornali per le recensioni sono ridotte al minimo indispensabile ed il costo si cerca di detrarlo dai diritti spettanti all’autore. La distribuzione è un fattore di disturbo, e meno male che c’è Amazon.
Però, quando inizia la stagione dei premi letterari, la destra pseudo culturale si indigna perché a vincere sono sempre i nomi imposti dalla gauche. E, per seguire l’onda, non mancano mai sindaci ed assessori alla cultura in quota “destra” che si affannano ad invitare nelle rispettive città i vincitori di questi premi. Magari anche ad organizzare eventi letterari dove gli ospiti sono esclusivamente gli autori della sinistra nelle sue varie espressioni e declinazioni.
D’altronde l’imbarazzante incapacità di individuare un direttore del Salone del libro di Torino che non sia espressione della sinistra nonostante i finanziamenti profusi da una Regione teoricamente governata dalle destre, dimostra ampiamente il livello culturale degli amministratori. E vale per tutte le altre istituzioni culturali finanziate dalla Regione. “Noi non vogliamo replicare l’egemonia culturale della sinistra”, si giustificano gli amministratori. Non è che non vogliano, è che non sono capaci.