La peste suina, trasmessa dai cinghiali, sta colpendo gli allevamenti di maiali. E, ovviamente, il governo dei maggiordomi non fa assolutamente nulla per affrontare il problema. Il primo intervento urgente sarebbe stato l’abbattimento di un numero consistente di cinghiali, ormai palesemente troppi non solo nei boschi e nelle campagne, ma anche nelle città. Come si nota quotidianamente a Roma, capitale dell’immondizia.
Però di abbattimenti si parla ma i fucili non si imbracciano. Vuoi mica irritare gli animalisti! Una specie curiosa, quella degli animalisti. Le loro associazioni vengono ammesse come parti civili in molti processi contro chi è accusato di aver provocato danni agli animali. Ma, curiosamente, non finiscono sul banco degli imputati quando il comportamento delle associazioni provoca danni agli esseri umani.
Così nessuno abbatte i cinghiali ma, ovviamente, nessuno si lamenta quando, per precauzione, vengono abbattuti i maiali degli allevamenti nelle aree a rischio. Scaricando i costi dei rimborsi non su chi difende i cinghiali ma su tutti i sudditi tassati. Neanche a parlarne di far pagare i danni agli animalisti per gli incidenti stradali provocati dai loro protetti, con morti e feriti tra gli umani.
La situazione ha avuto, tra le conseguenze, anche quella di ridurre il prezzo pagato agli allevatori per la carne di maiale. Con l’immancabile mistero all’italiana: gli allevatori incassano meno ma i consumatori non pagano meno prosciutto, salame ed i vari tagli della carne. E se per gli insaccati c’è sempre l’alibi del tempo trascorso tra macellazione e vendita, per la carne fresca l’alibi non c’è. Non che importi a qualcuno, il consumatore ha un unico diritto: pagare sempre di più senza protestare.