Facile accusare i politici di non essere coerenti. Di affermare una cosa per poi smentirla il giorno dopo. Di essere voltagabbana. Ma la società civile offre esempi altrettanto squallidi. Così Carlo Bonomi, presidente di Confindustria, dopo aver passato mesi e mesi a lamentarsi, giustamente, per l’incapacità del governo, per gli aiuti a pioggia, per la mancanza di investimenti strategici e per l’assenza di prospettive di rilancio, si è svegliato una mattina ed ha scoperto che Gualtieri è un ministro meraviglioso, che la montagna di miliardi sprecati per banchi a rotelle o per monopattini andava benissimo, che aver distrutto il turismo è stata una genialata.

Sdoppiamento della personalità o, molto più semplicemente, ha incassato qualche promessa estremamente vantaggiosa? Perché, nella realtà, nulla è cambiato. Il Recovery plan è una accozzaglia di banalità e di sprechi, di titoli di capitoli privi di contenuto. E nel frattempo si continua a massacrare la ristorazione, il turismo, la cultura.
Ciò che prima, per Bonomi, era un disastro si è trasformato, ora, in una grande strategia vincente.
Non che ci si possa stupire più di tanto. La classe dirigente di questo Paese è da tempo precipitata a livelli imbarazzanti. Se la competitività è crollata non è solo colpa dei politici nei diversi governi, ma di imprenditori taccagni che non investivano ma si lamentavano se ad investire erano i concorrenti stranieri. La colpa era di chi sfruttava i lavoratori sempre meno qualificati, favorendo la fuga all’estero dei laureati che, altrove, ottenevano contratti migliori.

Però, probabilmente, si stupirà quel centrodestra che, da mesi, si stava affannando per diventare l’interlocutore privilegiato di Bonomi e di Confindustria. Quel centrodestra che rinunciava alla componente sociale per far contento il padronato. Quel centrodestra che ora viene scaricato in mezzo alla strada come un oggetto diventato inutile. Un rifiuto, rumenta, immondizia.
Una lezione che, ovviamente, non verrà compresa.