S. è persona molto socievole. Detto alla veneta, è uno che ” tacca botton con tutti”.
Da un po’ di tempo, abbiamo preso l’abitudine di andare, per un caffè o un aperitivo, al Tufello. In un bar che ha, davanti, una piccola pergola. E dentro è una specie di magazzino che vende di tutto. Pasta, bottiglie di vino (anche di pregio), dolciaria, qualche surgelato. Caotico. Ma è un caos vivo e vivace. Oserei dire…creativo.
Il caffè è buono. I cornetti davvero ottimi. E Tony, il padrone e unico gestore, simpatico. Un incrocio tra la razza dei vecchi osti, e quella dei moderni barman.
Comunque S. mi trascina lì per altre ragioni. Lui è originario del quartiere. Anche se vi manca da moltissimi anni. E seduto al bar, osserva le persone che passano. Riscopre, dietro le rughe, volti noti dalla giovinezza. Intreccia frammenti di conversazione. Rivisita, col ricordo, luoghi, locali, negozi ormai scomparsi. O profondamente mutati. Insegue vecchi nomi.
È felice.
“Ti ricordi la panetteria all’angolo? Ci andavo a prendere 200 lire di pizza bianca, prima di andare a scuola” l’attempata signora annuisce… Ricorda anche lei..
“E il cantinone? In quello scantinato là sotto. Ora deve essere un magazzino. Ma c’erano le damigiane. Quelle vecchie, di vetro e copertura di paglia. E si andava solo per bere. O magari ti prendevi il vino, e andavi in fondo a quella strada, dove facevano qualcosa da mangiare..”
“E li c’era il bar Fiora, solo latte e derivati. E il latte in cartoni triangolari. Che tagliavi un angolo, e te lo bevevi così…”
Ascolto. S., parlando con questo e con quello, mi descrive un mondo che non c’è più. Una Roma non metropoli, fatta di quartieri, che erano come paesi a sé stanti. Con i loro usi, luoghi di ritrovo…persino accenti particolari..
È la Roma che appare in certi film di Alberto Sordi. Dal famoso Americano “macarone, m’hai provocato, e mo’ te magno..”, al crepuscolare “Il tassinaro”
È la Roma di certi monologhi di Gigi Proietti. Che proprio dal Tufello proveniva. E lo ricorda un grande ritratto murales sul lato di un palazzo color ocra…
“Sai… – mi dice S. – quando vedevo certe gag di Proietti, riconoscevo personaggi, tipi umani che erano di qui…che incontravo quasi tutti i giorni per le vie…”
Io, naturalmente, non posso ricordare. Quella Roma al massimo l’ho intravista. Da universitario, quando vi venivo per ricerche per la tesi. Allora non c’era internet. E trascorrevo ore in biblioteche. Soprattutto al Germanico, tra via Veneto e le Mura. Perché lì, e solo lì, potevo consultare copie dei papiri ellenistici che mi servivano per una tesi sugli oracoli di Apollo Klario.
Poi, tornavo all’alberghetto non lontano da Termini, dove alloggiavo. Una stanza disadorna, più che un letto una branda, un armadio… Ma costava poco. E aveva un altro vantaggio. Era molto pulito. All’inizio mi stupiva che, ogni volta che uscivo dalla stanza, la cameriera pulisse tutto e cambiasse le lenzuola. Poi capii. Ero forse l’unico che passava lì la notte. Per il resto, coppie clandestine. Un albergo a ore, come nella canzone di Herbert Pagani…
A cena andavo quasi sempre in Via Merulana. Da Nonna Carolina. Uno scantinato con la volta a botte, una decina di tavoli. Cucina a vista, e una vecchia che spignattava. Mi sono sempre chiesto se fosse proprio lei Nonna Carolina…
Ricordo ancora il sapore dei suoi maccheroni alla norcina, della scamorza alla piastra, delle pere caramellate nel vino rosso…
Vi sono tornato anni fa, uno dei miei pellegrinaggi alla ricerca del tempo perduto. Ho trovato un locale elegante. E un cameriere mi ha proposto il risotto col tartufo di Alba, giurando che era fresco. Era giugno. Me ne sono andato…
S., ora, mi racconta di Miss Tufello
“Una bruna favolosa. Sempre elegante, tacchi alti, rossetto. Noi ragazzi l’avevamo soprannominata così, e ci appostavamo per vederla passare…” ci pensa un po’…
“Avrà avuto un 35 anni su per giù… Chissà che fine ha fatto… Oggi sarebbe molto vecchia. Se non è morta…”
Molto vecchia. O morta. Come quel mondo che scorre nella memoria di S.
Il mondo di ieri. Per rubare il titolo ad un libro di Stephan Zweig. Parlava della defunta Felix Austria.
Ma la nostalgia è la medesima. Anche qui, al Tufello.