Turbocapitalismo contro lavori artigianali accurati; fast food contro slow food; skyrunning contro escursioni che permettono di apprezzare la montagna. All’apparenza non c’è partita. Soprattutto se non si conosce l’impegno e la grande professionalità dell’artigiano, la passione e la cura maniacale di chi offre cibo di qualità, la fatica di chi cammina per 7/8 ore in alta quota. Però, a Torino, in una città che da anni è estremamente poco dinamica, la nuova parola d’ordine del politicamente corretto è: rallentare!
Ad ogni costo, partendo dai trasporti. Certo, rispetto ai 20 km orari imposti dal disastroso assessore al traffico pentapoltronato (e senza patente), siamo ad una autentica botta di vita: potremo arrivare ai 30 km orari nel controviale. Oddio, potremmo più che potremo. Perché le biciclette ed i monopattini avranno sempre la precedenza. E se il ciclista o il monopattinista marciano a 15 km orari, l’automobilista deve accodarsi ed attendere pazientemente. D’altronde succede anche in montagna, quando chi è in auto si imbatte nell’inarpa o nella desarpa. Però le vacche salgono e scendono una sola volta all’anno. In città i ciclisti e monopattinisti sono più frequenti.
Dunque la città dovrà mettersi al passo. “Cor nen, va pian”, il brano di Gipo Farassino potrà diventare l’inno torinese. Altro che “Montagne del me Piemont”, a 30 all’ora in montagna non si va. Probabilmente in giunta non avevano ben presente le origini della definizione di bogianen per i piemontesi..
Scelte legittime, ovviamente. L’assessore è stato eletto e governa. Se ama la decrescita infelice ed ha ottenuto i voti, ha ragione. Però sarebbe finalmente il caso di smetterla con la scemenza politicamente corretta del “tuteliamo i più deboli”. Perché il ragazzo ventenne che rallenta il traffico sul monopattino non è un soggetto più debole della anziana signora che cerca di rientrare a casa, in auto, dopo aver fatto la spesa della settimana in un discount lontano dalla propria abitazione. La giovane ciclista che pedala lentamente chiacchierando con le amiche non è un soggetto più fragile e da tutelare rispetto al lavoratore che ha finito il turno e vorrebbe riposarsi.
C’è ancora qualcuno, a Torino, che ha fretta perché ha qualcosa da fare. E il “qualcosa” non è solo la partita a calcetto, la passeggiata al parco con il cane, la cena con le colleghe. Ci si muove ancora per lavoro, per andare dal medico, per trasportare bagagli ingombranti e non si ha tempo per lunghe attese alle fermate del tram. E allora, prima di tutelare “chi va piano, va sano e va lontano”, sarebbe il caso di far funzionare decentemente il trasporto pubblico. Ma è certo più semplice limitarsi a piazzare i cartelli con nuovi limiti di velocità.