Per i tifosi di calcio del Torino, il 4 maggio è una data-simbolo: è il giorno dello schianto a Superga dell’aereo con a bordo gli Invincibili del Grande Torino. Ma quest’anno il 4 maggio sarà una data particolare non solo per i tifosi granata ma anche per tutto il Sistema Italia, la consorteria di oligarchi che ha rovinato il Bel Paese. Sarà infatti il giorno in cui, negli Usa, si riapre il confronto in tribunale tra il fondo Blackstone ed Urbano Cairo. Con il primo che ha chiesto una montagna di soldi, per danni, al patron del Toro ma anche del Corriere della sera (ed annessi, a partire dalla Gazzetta dello sport) e de La 7.
Siamo solo alle avvisaglie. Cairo cercherà di riportare il processo in Italia dove potrebbe essere annegato nei consueti ritardi della malagiustizia. Però i primi passi, proprio in Italia, non sono andati benissimo per Cairo. E se il procedimento giudiziario dovesse restare in America, non ci sarebbero neppure le speranze in tempi lunghissimi.
Ovviamente la conclusione dello scontro con Blackstone non è già scritta. Cairo potrebbe persino cavarsela. Ma tifosi ed oligarchi puntano, per ragioni diverse, ad una sconfitta di “braccino” Urbano. Che, nel caso, non avrebbe le risorse sufficienti per far fronte alle richieste del fondo americano.
I tifosi nella speranza di avere finalmente un presidente che voglia investire nella squadra di calcio per riportarla ai vertici e non per farla sopravvivere tra metà e fondo classifica. Gli oligarchi per mettere le mani, a prezzi scontati, su quello che è comunque un piccolo impero editoriale. Non tanto sulla tv, che ha un pubblico limitato ed una credibilità in caduta libera. Quanto, piuttosto, sul Corriere della sera che resta il più importante quotidiano nazionale.
Fazioso, schierato, con continue cadute di stile e con un numero di lettori lontanissimo dagli anni d’oro. Però pur sempre il giornale di riferimento di quella classe dominante incapace ma inamovibile. Non più la “buona borghesia milanese” ma la pessima oligarchia nazionale. Che utilizza il Corriere per intimidire gli avversari, per indicare la strada del cambiamento a proprio vantaggio, per lanciare segnali ed avvertimenti, per sostenere i propri politici di riferimento.
Cairo, a causa del “braccino”, è riuscito nella storica impresa di non utilizzare al meglio neppure il potere garantito dalla proprietà del Corriere. Così come, per lo stesso motivo, non è riuscito ad utilizzare le potenzialità della Gazzetta nell’ambito del potere sportivo.
Ed ora gli avvoltoi stanno cominciando a volteggiare, nella speranza di spartirsi le spoglie del piccolo impero editoriale. Con il rischio di un’ulteriore concentrazione dell’informazione. Con Cairo sono 4 i gruppi che controllano l’80% della disinformazione nazionale. Eliminandolo si rischia di scendere a 3 poiché non si vede, per il momento, un imprenditore indipendente che sia pronto a rilevare giornali e tv della galassia cairota. Più probabile una spartizione tra i soliti noti, magari utilizzando una testa di legno che ci metta il nome ma che risponda agli oligarchi.