Quando sulla fascetta di copertina di un libro si legge una frase del tipo “oltre un milione di copie vendute” viene prepotentemente alla mente l’esilarante aforisma del compianto Marcello Marchesi che diceva: “Mangiate merda: miliardi di mosche non si possono sbagliare”.
Già, Marcello Marchesi. Uno straordinario umorista, giornalista, scrittore, autore di canzoni e di programmi televisivi di cui, lo scorso quattro aprile, è caduto il centenario della nascita senza che nessuno se ne sia ricordato. Ma tant’è…
La fascetta in questione è comparsa anche sulla sovracoperta del libro di Laura Dave “L’ultima cosa che mi ha detto” (PIEMME Edizioni, pp.311, 18,90€).
Senza dubbio si tratta di un fenomeno editoriale, se il volume, lo scorso anno, è rimasto per sei mesi in testa alle classifiche di vendita del New York Times, e se sono previste traduzioni per la distribuzione in almeno quaranta paesi. Inoltre, almeno qui da noi, ha pure goduto di ampie ed entusiastiche recensioni.
La storia è intrigante. Una donna che per vivere costruisce mobili per gente molto ricca, una mattina scopre che il marito è scomparso. Alla sua porta si presenta una bambina che le consegna un biglietto che contiene una sola parola: “Proteggila”. L’uomo si riferisce alla figlia, avuta da un precedente matrimonio, con la quale Hanna, la protagonista, ha un rapporto piuttosto difficile. Da qui si dipana una storia decisamente intrigante che porta Hanna e la figliastra Bailey in cerca non solo del marito scomparso, ma del suo misterioso passato.
La vicenda, come si dice in questi casi, “acchiappa”, e come spesso accade ai best sellers, soprattutto americani, è costruita per inchiodare il lettore alla sedia. Ma non è questo il motivo che ci ha spinto a parlare di questo romanzo.
La ragione principale è l’immagine che se ne ricava di una società che, per quanto voglia essere egemone dei nostri modi di essere, in realtà se ne allontana in modo sorprendente. Pagina dopo pagina ci viene presentato un mondo che per un lettore italiano risulta incomprensibile.
I personaggi descritti cambiano casa e città come le mutande. Ovunque si sentono fuori luogo e qualsiasi posto sembra migliore del precedente. Sono alla costante ricerca di una “casa” ma, proprio per questo, non riescono mai a trovarla. Ignorano tutto quel che succede nel mondo, perché il loro mondo non esula dagli USA. Mangiano solo porcherie. Ma vi immaginate una madre che per cena cucina per la figlia un piatto di patate fritte, e niente più? All’inizio della storia, la famiglia abita su una casa galleggiante, in un quartiere di case galleggianti, situata non in uno sperduto paesino, ma nella baia di San Francisco. Il marito della protagonista può scomparire senza lasciare traccia alcuna, pur rimanendo all’interno dei confini dello stato senza che le polizie più celebrate al mondo riescano a rintracciarlo.
L’autrice si prodiga nel tentativo di approfondire la psicologia dei personaggi: uno sforzo decisamente lodevole. Ma i suoi personaggi sono piatti e informi, e sorge il sospetto che non sia a causa dell’incapacità della Dave, ma degli esemplari umani che ha come pietra di paragone.
Un giorno, Don De Lillo, l’ampiamente sopravvalutato scrittore statunitense, ebbe a dire: “Malgrado tutto noi siamo sempre L’America e voi siete sempre L’Europa. Guardate i nostri film, leggete i nostri libri, ascoltate la nostra musica, parlate la nostra lingua. Come potete smettere di pensare a noi? Ci vedete e ci ascoltate in continuazione. Chieditelo. Che cosa c’è dopo l’America?”.
Ecco, dopo aver letto il libro di Laura Dave – dal quale sarà tratta l’immancabile serie tv – la risposta alla domanda posta da De Lillo non può essere che una sola: “Cosa c’è dopo l’America? Niente!”