Dopo il triste spettacolo dello pseudo dibattito parlamentare sul virus, appare evidente che tener chiuso il parlamento non sia poi un gran vulnus per il Paese. Per far passerella ci possono essere altre occasioni. Perché è evidente che nessuno aveva qualcosa da dire di interessante, di utile. In realtà non hanno nulla da dire neppure a livello territoriale ma, perlomeno, stanno zitti perché stanno lavorando.
Bene? Male? Si vedrà dai risultati, ma l’impegno è evidente ed è già molto, in questo Paese.
Poi si potrà valutare in modo diverso l’affissione di manifesti choc da parte del sindaco di Cagliari, la carenza di mascherine in Piemonte, le assurde comparsate al ristorante del sindaco di Bergamo e consorte, lo screening di massa auspicato dal governatore del Veneto. Però, a bocce ferme, non si potrà dimenticare che gli amministratori locali hanno dovuto cavarsela da soli. E le abitudini dell’emergenza rappresenteranno un precedente non solo per quanto riguarda la sospensione della democrazia ma anche per le risposte individuali di sindaci e governatori.
Un governo centrale di incapaci, guidato in modo antidemocratico da un uomo solo al comando (povero Coppi!) che segue le indicazioni ondivaghe di sedicenti esperti in contrasto tra loro. E poi Regioni e Comuni che si arrangiano alla meno peggio, facendo emergere chi è capace e chi non lo è.
Va bene, mica tanto, sino a che dura l’emergenza. Che, si spera, finirà prima o poi. E se gli amministratori locali sono troppo impegnati per pensare al futuro, non si capisce cosa stiano a fare i parlamentari. Un pensiero che vada al di là del pomeriggio, che arrivi sino al mattino successivo, è una pretesa eccessiva? Altro che le frasi fatte sugli statisti che pensano alle generazioni future. Qui sarebbe un miracolo avere una prospettiva di 24 ore.
Poi, però, al di fuori di questi circuiti autoreferenziali qualcosa si muove davvero. C’è chi ha compreso che all’Italia servono avanguardie che sappiano operare nella realtà, e prova a prepararle. Su tutti i fronti dello schieramento politico, pur respingendo l’appartenenza a questi fronti che appaiono sempre più categorie prive di significato.
Da un lato Gabriele Adinolfi lancia una “Accademia Europa” che, ovviamente online, offre analisi e confronti. Oggi alle 18 sarà il professor Vittorio De Pedys ad analizzare le prospettive economiche del dopo Covid (“Non andrà tutto bene” è il titolo della lezione), lunedì sarà lo stesso Adinolfi ad invitare, alla stessa ora, a “Programmare i neuroni per le sfide dei nostri tempi”. Formarsi per essere pronti ad avere un ruolo propositivo nel panorama estremamente difficile che si prospetta in un futuro vicinissimo.
E sul fronte opposto un sito come La Porta di Vetro offre quotidianamente spunti di riflessione sui cambiamenti indispensabili da affrontare. A livello sociale, economico, culturale. Una grande e difficile sfida, ma anche l’opportunità per superare il disastro attuale.
“Non si può andare avanti a Montini e Berlinguer” cantava un tempo la Compagnia dell’Anello. “Non si può andare avanti a Bergoglio e Boccia”, potrebbero cantare adesso. Perché è ora che si deve cambiare, è ora che si deve costruire il futuro. Senza perdere tempo in dibattiti inutili in un Parlamento semi deserto.
2 commenti
Si sarebbe dovuto a mio avviso iniziare già dal 2013, dove le avvisaglie dello scricchiolare di un sistema capitalistico portato all’estremo si sentivano già, si testava la soppressione graduale dello stato sociale, grande conquista del secolo scorso, si insisteva nel vilipendere la Costituzione repubblicana frutto di un compresso DC -Pci ma che in qualche modo manteneva rispetto per istituti e intuizioni del sistema corporativo, si sarebbe potuto avviare sinergie tra chi voleva costruire un alternativa al mondo del nero denaro, si sarebbe potuto finalmente riunire cittadini e esperti del ramo che avrebbero potuto presentare sui tavoli magari delle amministrazioni locali progetti sociali, culturali, proposte vissute da sottoporre a chi sedendo negli scranni dimostra di non conoscere nemmeno il proprio Paese. Non si è fatto, non si è voluto fare, facendo il loro gioco del divide et impera. Ognuno con il suo condominio, ognuno da solo. La Lega purtroppo poteva essere un coacervo interessante, ma per le solite logiche italiane, quando hai voglia di lavorare resti ai margini perché oscuri qualcuno. E quindi siamo qui a discutere di un Paese che avrebbe potuto uscire dall’Ue, mettendo già in cantiere una propria moneta, che avrebbe potuto creare alleanze, che avrebbe potuto far ripartire il mercato interno che in tempi di coronavirus sarebbe stato anche utile, eppure si vede scodinzolare ancora un po’tutte le forze politiche all’Europa dei non eletti e della contabilita’. Un’Europa che già tramontata, ma si tiene in agonia. Il futuro doveva passare per il passato, per le sezioni, fuori da internet e invece ormai ci hanno internato come animali in gabbia e sarà difficile venire fuori, hanno impedito la protesta, il confronto, il dissenso, il pensiero, tanto quello era confinato da tempo. Il futuro passerà per uno squallido allontanamento personale con certi rischi psicologici e sociali, con maggiore controllo dell’evento, con maggiore asservimento, con una maggiore digitalizzazione, mentre è l’aria che respira che chiede ritorno alla spiritualità e alla tradizione, è il corpo che ammalandosi rifiuta i cibi manipolati che fanno arricchire multinazionali agroalimentari, chimiche e farmaceutiche. Ma ripartire da spiritualità e tradizioni in tempi di roghi di libri e di psicoreati è dura, anche perché morti i maestri di allievi ne sono rimasti pochi e non sempre all’altezza. Ben vengano le iniziative in ogni caso.