Quanti quotidiani cartacei si vendono ogni giorno in Italia? Circa 1,5 milioni. Quanti erano nel 1990? Quindici volte di più. Alessandro Banfi, ex direttore del Tgcom, ricorda queste cifre ufficiali ed aggiunge che anche gli ascolti dei Tg sono in flessione. Come è in, ulteriore, flessione la credibilità dei giornalisti: dal già drammatico 40% del 2021 all’umiliante 35% dello scorso anno. Difficile che il 2023 possa garantire un miglioramento, considerando che l’anno si è aperto con la pagliacciata della bidella che ogni giorno viaggerebbe da Napoli a Milano (e ritorno) per conservare il posto di lavoro.
“Sarebbe bastata una semplice verifica – sottolinea Alberto Chiara, caporedattore di Famiglia Cristiana – per evitare una brutta figura” che coinvolge l’intera categoria. Ma il problema, per l’ordine dei giornalisti, è la frequenza di corsi di aggiornamento per imparare ad usare l’asterisco quando si scrive tutt* per non offendere le diverse sensibilità sessuali.
Forse una delle motivazioni del crollo di credibilità e vendite è proprio il totale scollamento tra mondo reale e rappresentazione dello stesso mondo da parte dei media condizionati dal politicamente corretto e dal pensiero unico obbligatorio.
Tra un dato di realtà e la sua rappresentazione sempre più fantasiosa e sempre meno credibile. Non a caso il calo della credibilità è più contenuto per le testate locali. Perché il lettore incontra il giornalista al bar o per strada e lo può insultare se la notizia riportata è falsa. E questo rapporto diretto spinge ad una maggiore attenzione, ad una verifica in più, ad un controllo delle fonti.
Ma, ormai, si è creato un circolo vizioso da cui è difficile uscire. Le menzogne dei chierici di regime hanno fatto perdere copie ai grandi giornali. Meno copie significano meno pubblicità e, dunque, minori introiti. Dunque gli editori hanno tagliato gli organici, rinunciando alle professionalità che, essendo di maggior qualità, costavano di più. Si è scatenata una corsa al ribasso. Delle retribuzioni ma anche, inevitabilmente, della qualità del giornalismo. Le grandi inchieste costano troppo, anche le inchieste medie e pure quelle piccole. Meglio evitare. Inviare i giornalisti nelle zone di guerra? Troppo costoso, meglio rivolgersi a freelance che costano meno. Se poi non sono proprio in prima linea, va bene lo stesso.
Inviare un giornalista sul territorio, al di là dei confini urbani? Costa troppo, basta una telefonata. Sostituire i giornalisti mandati in pensione? Neanche a parlarne. Tutt’al più ci si rivolge a qualche precario a vita che lavori all’esterno della redazione.
In fondo va bene così. Va bene ai politici, che aumentano la forza del proprio ruolo di fronte a giovani privi di competenza ed esperienza. Va bene alla classe dirigente, che vede rafforzata la capacità di ricatto nei confronti delle testate e dei giornalisti privi di tutela.
Però nessun problema: alla prossima intervista nessuno avrà dubbi sulla definizione di avvocata o avvocatessa, di direttore o direttrice d’orchestra. La professione è salva.
1 commento
Le considerazioni fatte sui giornalisti in questo articolo sono assolutamente vere e reali. Oramai è sotto gli occhi di tutti una situazione di degrado assoluto della realtà e della verità nelle testate giornalistiche.e i giornalisti sono totalmente al servizio delle loro testate e non hanno capacità di autonomia e di libertà di pensiero, al servizio dei gruppi industriali o finanziari e non c’è più la figura di editore puro disgiunto dal sistema economico. È inevitabile quindi che gli articoli redatti siano una verità di parte, o di gruppi di interessi editoriali. Ci sorge una domanda che è inevitabile: a cosa serve l’ordine dei giornalisti.struttura arcaica a tutela di privilegi ed interessi legati all’associazione.