Nel nuovo scenario mondiale in cui anche gli Stati Uniti hanno compreso di non essere più la sola potenza in grado di condizionare, con le armi o la diplomazia, le scelte in casa altrui la logica del soft power sta portando il nuovo principale nemico dei nordamericani, la Cina di Xi Jinping, a giocare una partita di rilievo nell’ex cortile di casa a stelle e strisce.
Per un Honduras che nonostante il cambio di presidenza e lo spostamento dell’esecutivo a sinistra assicura Washington che continuerà a riconoscere Taiwan senza aprire rapporti formali con Pechino, c’è chi in America centrale segue quanto fatto già recentemente dal presidente salvadoregno Nayib Bukele, si tratta del Nicaragua sandinista.
Fresco di vittoria schiacciante alle elezioni presidenziali del 7 novembre, che gli hanno concesso un quarto mandato fino al 2026, Daniel Ortega ha deciso di spingere sull’acceleratore motivato anche dalle continue accuse e ingerenze statunitensi nel suo Paese che solamente tre anni fa provarono a dare impulso alle proteste colorate la cui eco appare decisamente lontana considerando che quasi il 76% dei votanti ha sostenuto il leader del Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale.
Il ristabilimento delle relazioni diplomatiche con la Repubblica Popolare Cinese da parte del Nicaragua segue il riconoscimento di “una sola Cina” e la rottura dei rapporti ufficiali con Taiwan. Il tutto è ovviamente motivato dall’interesse di entrambe le nazioni per la costruzione di un canale navigabile tra il Mar dei Caraibi e l’Oceano Pacifico alternativo al Canale di Panama il cui valore è stimato sui quaranta miliardi di dollari e che rappresenterebbe uno snodo fondamentale nel progetto più amplio della nuova Via della Seta.
Un altro tassello, dopo quello giunto nel mar dei Caraibi con la Repubblica Dominicana, si aggiunge al puzzle del Dragone che insidia sempre più la presidenza Biden nel nuovo continente.