“Bonduelle per la Sardegna”. La scritta campeggia su tutte le confezioni di verdure commercializzate sull’Isola dal gruppo francese. Senza specificare se si tratti di un omaggio o di prodotti coltivati e confezionati in loco. Non è importante, in fondo. Importa, invece, che le verdure, tutte le verdure di tutte le confezioni, siano più croccanti e saporite di quelle vendute in Continente. Un problema di qualità dei fornitori? Allora bisognerà puntare maggiormente sugli agricoltori sardi. Un problema logistico di tempi nelle consegne? Si deve lavorare di più e meglio, allora.
Ma è curioso notare che alla Sardegna hanno fatto davvero bene i disastri sulla produzione di latte e formaggi prima e la pandemia dopo. La qualità agroalimentare è migliorata, e non di poco. Certo, il latte Arborea continua ad essere poco saporito e pure i bocconcini, ma le mozzarelle sono uno spettacolo e la provola pure. Ma in assoluto è migliorato il pecorino a prescindere dalla marca.
Il pane ha accresciuto l’offerta di prodotti tradizionali, ed a prezzi accettabili. E si è moltiplicata l’offerta dei vini. Poche tipologie – ci si riferisce ai supermercati, non alle enoteche di alto livello – ma grande varietà di etichette e di qualità. Con prezzi, per i prodotti locali, che non saranno i più bassi d’Italia ma che sono comunque in linea con un consumo quotidiano ed estremamente piacevole. Lontanissimi, nel rapporto qualità/prezzo, dalle follie di regioni come la Valle d’Aosta.
Ciò che manca ancora, però, è la capacità di esportare la qualità sarda in Continente, al di là del pane carasau ormai presente in ogni supermercato a prezzi decorosi. Gli altri prodotti arrivano di rado al di là del mare e, in quei pochi casi, il prezzo lievita senza controllo e senza giustificazione. Il traghetto costa, indubbiamente, ma non si trasporta una forma di pecorino o un barattolo di cardi alla volta.