Le piccole e medie imprese torinesi avevano appena presentato una indagine sul primo semestre del prossimo anno, caratterizzata da previsioni fortemente pessimiste, e subito è arrivata l’Unione industriale subalpina a sostenere l’esatto contrario. Va tutto bene, dalla metalmeccanica al turismo, tornato ai livelli precedenti al Covid. E mentre Confindustria stappa champagne (o spumante per risparmiare), arrivano anche le previsioni del settore commerciale e turistico. E non pare proprio che l’ottimismo confindustriale sia condiviso.
Un milione di italiani in meno pronti a partire per le vacanze. Se va bene. Perché altri sondaggi sostengono che 7 italiani su 10 non viaggeranno, non andranno da nessuna parte. E saranno pochi anche quelli che utilizzeranno la tredicesima per fare regali. Meglio spendere per pagare le bollette e provare a risparmiare in attesa di tempi peggiori che gli atlantisti non mancheranno di garantire.
Ma è curioso che indicazioni opposte arrivino, nell’arco di 24 ore, dalle associazioni industriali del medesimo territorio. Non differenze da poco, proprio analisi opposte tra chi assicura che la ripresa è in atto e proseguirà e chi, al contrario, vede nero.
L’unico settore che pare non risentire della crisi è quello alimentare. I prezzi sempre più alti non bloccano gli acquisti di cibo e vino e neppure le prenotazioni in ristoranti e trattorie. D’altronde non potendosi più permettere grandi investimenti, acquisti di case o di auto nuove, ci si consola a tavola.
L’Unione industriale di Torino, però, è di parere opposto. L’ottimismo sarà anche il sale della vita, ma anche un briciolo di onestà intellettuale non farebbe male. Perché la brillantissimo economia torinese è in fondo alle classifiche del Nord, la disoccupazione è più alta, la crisi più evidente, la ripresa più lenta. Solo in via Fanti non se ne accorgono o si rifiutano di vederlo. Comprensibile: dovrebbero essere loro a guidare la ripresa a fronte del sonno più che decennale della politica locale. Dunque meglio raccontare che tutto va bene, che gli industriali trainano il grande sviluppo cittadino, che l’Unione industriale rappresenta un polo anche di idee e di cultura. Magari qualcuno ci crede.