È durata poco la falsa allegria creata, ad arte, dai media di servizio per accompagnare l’illusoria ripresa economica annunciata dal ministro Gualtieri. L’Istat certifica che il recupero della produzione industriale si è già interrotto. Prima delle nuove chiusure decise dal governo degli Incapaci. In settembre, infatti, si registra infatti un calo del 5,6% su agosto, mentre, al netto degli effetti di calendario vi è un calo del 5,1% su settembre 2019. “Il calo di settembre – avverte Gian Primo Quagliano, presidente del Centro studi Promotor – è dovuto ad andamenti negativi nella maggior parte dei settori considerati dall’Istat, con cali congiunturali, cioè sul mese precedente, del 24,1% per l’industria del tessile, abbigliamento pelli e accessori e dell’11,9% per la fabbricazione di mezzi di trasporto”.
Difficile illudersi su una ripresa nell’ultimo trimestre, anche in conseguenza dei nuovi arresti domiciliari generalizzati che in prima battuta penalizzano i consumi ma, ovviamente, si ripercuotono sulla produzione industriale poiché è inutile produrre se poi non si vende. E l’Italia non solo non è in grado di recuperare le perdite legate ai primi mesi di chiusura, ma resta ancora lontana dai livelli precedenti alla crisi del 2008. L’unico tra i grandi Paesi a trovarsi in questa situazione.
Non a caso l’Italia si trova in fondo alle classifiche per gli investimenti in ricerca e sviluppo, sia pubblici sia privati. E senza investimenti, anche sulle risorse umane, diventa impossibile recuperare. Con la logica privata da padroni delle ferriere si resta ai livello dell’Ottocento, e con la logica pubblica del clientelismo si sale solo nella classifica degli sprechi.