Anche Oscar Mammì era un appassionato di pipa. Esponente di vertice del Partito Repubblicano, fu più volte ministro tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta. Il suo nome è strettamente legato alla riforma delle televisioni che porta il suo nome. Varata nell’agosto del 1990 dal sesto governo Andreotti, la legge legalizzava definitivamente le tivù private e consentiva a Berlusconi di trasmettere su tutto il territorio nazionale. Le pipe di Mammì erano piuttosto pregiate: grandi, capienti, di produzione artigianale e spesso impreziosite da vere d’argento o addirittura in oro. Pezzi sofisticati e inavvicinabili per le tasche dei più, che collocavano chi le impugnava in un olimpo poco avvicinabile.
Altro testimonial importante fu Enzo Bearzot, storico commissario tecnico della Nazionale Italiana di Calcio dal 1975 al 1986. Detentore del record assoluto di panchine degli azzurri (ben 104) portò la nostra nazionale alla vittoria dei Mondiali di Spagna del 1982. Malgrado fosse uno sportivo che aveva disputato 251 gare in Serie A con le maglie di Bologna, Inter ma soprattutto Torino, non si separava mai dalla sua pipa che ostentava costantemente anche quando sedeva in panchina. Anch’egli prediligeva le forme grandi dai capienti fornelli che gli consentivano una fumata prolungata per tutto il corso della gara. D’altra parte, da buon friulano, la sua era una fumata nervosa, a scatti. E se non avesse avuto tra le mani dei “pezzi” molto capienti non avrebbe potuto prolungare la sua fumata per tutto il tempo della gara, che lo costringeva a restare ai bordi del campo.
Ma forse il più noto promotore della pipa fu Sandro Pertini. Partigiano, esponente di primo piano del Partito Socialista, deputato costituente, senatore e ancora deputato per più legislature e presidente della Camera dal ’68 al ’76. Fino a quell’anno la sua figura rimase sostanzialmente in ombra; ma a partire dall’8 luglio del 1978, quando cioè venne eletto settimo presidente della repubblica, le cose cambiarono. Furono del tutte rimosse le sue responsabilità nell’organizzazione dell’attentato di via Rasella che portò al massacro delle Fosse ardeatine e l’ordine di giustiziare Mussolini contro il parere del CLN che aveva deliberato il suo arresto per consegnarlo agli americani. Da quel momento, infatti, divenne il presidente più popolare che la Repubblica abbia mai avuto, prima e dopo di lui.
Pertini e la pipa furono un binomio inscindibile. Infatti il presidente se ne separava soltanto in occasione delle cerimonie ufficiali. Si narra che ne avesse una collezione infinita, dovuta soprattutto ai numerosissimi regali che riceveva da ogni parte. Non c’è un solo produttore italiano che non gli abbia donato uno dei pezzi più pregiati uscito dalla propria manifattura. Tuttavia egli preferiva quelle che aveva acquistato personalmente: esemplari certamente importanti ma anche meno sofisticati. D’altra parte è consuetudine che ciascun fumatore abbia i suoi pezzi preferiti, che non sono necessariamente i più preziosi o rari.
Indimenticabile l’inquadratura che lo vide accanto a re Juan Carlos di Borbone nella tribuna d’onore dello stadio Santiago Bernabéu in occasione della già citata finale del campionato del mondo di calcio dell’82. In occasione del secondo gol di Tardelli, la cui esultanza è rimasta nella memoria di tutti, Pertini si alzò in piedi brandendo la sua magnifica radica e costrinse il re di Spagna a scostarsi per non venir investito da una nuvola di cenere e di brace ardente.
Il resto è storia.
3 (continua)