La destra giovanile italiana del dopoguerra, intendiamo quella partitica vicina al MSI poi An oggi Fratelli d’Italia, ha sempre avuto una caratteristica importante: essere antagonista e ribelle, motivo per cui spesso e volentieri (per non dire sempre…) finiva in rotta di collisione con la dirigenza gerontocratica e borghese del Partito. Gli esempi da citare sarebbero molti, proviamo a ricordarne solo alcuni.
In primis la rivolta generazionale del Sessantotto, dove all’inizio, soprattutto al Sud, la presenza del FUAN nelle occupazioni universitarie era massiccia. I giovani militanti dell’epoca si rendevano infatti conto del fatto che le baronie universitarie erano oramai sclerotizzate e avulse dalla realtà sociale circostante. Difenderle, per un presunto senso di Ordine (sempre scritto con la maiuscola iniziale ma nei fatti semplicemente posto a difesa di interessi piccolo borghesi), era politicamente sbagliato ed antropologicamente ridicolo. Poi però ci fu l’intervento di Almirante e dei suoi mazzieri, con l’implicita complicità del PCI che a sua volta mal sopportava i giovani che parlavano di lotta al Sistema, a riportare i militanti sulla retta via. In realtà poi ben pochi seguirono i diktat provenienti dall’alto, abbandonando il Partito e continuando la propria militanza nel Movimento Studentesco o in formazioni “eterodosse” di destra o, addirittura, spostandosi all’estrema sinistra.

Un altro punto che differenziava i giovani missini dalla dirigenza nazionale era il rapporto con le formazioni della destra extraparlamentare. Mentre il MSI ufficialmente prendeva sempre le distanze da tali gruppi, arrivando addirittura a chiedere la doppia applicazione della pena di morte per coloro che si macchiavano di gravi delitti militando nei Nar o gruppi similari, i giovani invece intrattenevano stretti rapporti con essi, considerandoli parte attiva ed importante del medesimo ambiente politico (definito tutt’oggi col termine di Area). Tali rapporti però non si esaurivano solo agli aspetti personali e/o di cameratismo, ma vi era una vera e propria osmosi tra le posizioni ideologiche dei gruppi extraparlamentari e quelle dei gruppi giovanili missini. Basti andare a rileggere i documenti politici del Fronte della gioventù, soprattutto di Roma, di metà anni Ottanta per rendersi conto di come i militanti dell’epoca avessero fatto propri quasi tutti i punti programmatici di Terza Posizione: antimperialismo, giustizia sociale, Europa Nazione e a seguire tutti gli altri. Non a caso nel 1989 Alemanno, all’epoca segretario nazionale del Fdg, fu arrestato in seguito ai disordini organizzati a Nettuno in occasione della visita dell’allora presidente degli States, Bush senior. Ricordiamo che invece la dirigenza missina è sempre stata, a parte rare eccezioni, fondamentalmente filoamericana, prima in funzione anticomunista poi banalmente e tristemente per motivi di puro servilismo nei confronti del padrone.
Lo iato tra i gruppi giovanili e la dirigenza della Destra Nazionale è così forte e storicamente fondato che addirittura dopo la nascita di Alleanza Nazionale e le prese di distanza dal Fascismo, le posizioni delle due parti continuano ad essere in contrapposizione. Ricordiamo ad esempio che nel 2008 Gianfranco Fini, partecipando ad Atreju, la festa nazionale dei giovani del partito, dichiarò come fosse necessario che la Destra si riconoscesse nei valori antifascisti. Pochi giorni dopo gli rispose Federico Iadicicco, presidente di Azione Giovani a Roma, con una lettera pubblica nella quale così scriveva: “cerca di comprenderci noi non possiamo essere, non vogliamo essere e non saremo mai antifascisti”.
Oggi però sembra che questo divario tra le due parti non ci sia più. Si è infatti da poco conclusa l’annuale kermesse dei giovani di Fratelli d’Italia, che pur conservando la storica sigla Atreju quest’anno ha aggiunto un sottotitolo emblematico: il Natale dei Conservatori. A noi questo titolo ha molto colpito, ovviamente in modo negativo. Lo riteniamo un vero e proprio cambiamento antropologico e dell’immaginario della destra giovanile. Come può un giovane accettare la definizione di conservatore? Egli dovrebbe ritenersi per natura un Ribelle, guardare con simpatia ai corsari, ai pirati, ai mercenari e a tutti coloro che hanno vissuto con spirito avventuriero la propria esistenza terriera. La gioventù (almeno quella sana…) è sempre stata così, fa parte della sua natura. È sempre stata incendiaria, odiando tutti coloro che si ergevano a pompieri per smorzarne gli entusiasmi ribelli e, appunto, giovanilistici e vitalistici. Oggi invece accettano, e fanno propria, l’etichetta di conservatori.

Ma chi sono questi conservatori? Sono banalmente, e tristemente, coloro che vogliono sempre stare un passo indietro per paura del movimento e della dinamicità. I reazionari almeno si oppongono in modo deciso e risoluto alla modernità. Politicamente non otterranno mai niente, confondendo le semplici forme (sempre mutabili ed in divenire) con i princìpi eterni ed immutabili. Se non altro dimostrano di avere un carattere, cosa che manca del tutto ai conservatori. I reazionari vogliono leggere un altro libro, i conservatori semplicemente si vogliono fermare al capitolo precedente. Basti pensare alla loro lotta per la tutela della famiglia. Questa è una battaglia giusta e condivisibile ma si dimentica sempre un punto fondamentale: quale famiglia si vuole difendere? I conservatori per famiglia intendono quella atomistica e piccolo borghese figlia della Rivoluzione Francese, composta da padre, madre e oggi un solo figlio (spesso e volentieri sostituito da un cane o gatto, così da avere meno responsabilità). Ma la famiglia è qualcosa di molto di più nella cultura indoeuropea da cui noi proveniamo: è un vero e proprio clan composto da tutti coloro che hanno legami di sangue. Le giuste battaglie contro la legge Zan dovrebbero essere solo uno degli aspetti di tutela della famiglia. Pensiamo ad esempio ai numerosi anziani affidati alle badanti di turno (spesso irregolari, ma la destra non era tutta “legge e ordine”?). Perché chi a parole difende la famiglia non porta avanti anche una battaglia culturale a favore degli anziani, portatori della nostra memoria storica e una volta oggetto delle nostre giuste attenzioni e premure, affinché rimangano appunto in famiglia e non vengano affidati alla cura di estranei negli ultimi anni della loro vita?
E lo stesso vale per altri due termini che oggi vengono spesso affiancati a quello di conservatori, cioè sovranisti e patrioti. Col termine sovranismo di solito si guarda con nostalgia all’Italietta degli anni Ottanta presentandola come una sorta di Eldorado che poteva battere moneta in autonomia senza essere sottoposta ai diktat del cattivone tedesco di turno. Quanta differenza rispetto a chi una volta parlava di Europa Nazione e fremeva al ricordo dei combattenti francesi che fino all’ultimo respiro hanno difeso Berlino nel 1945. Per quanto riguarda poi il termine patriota andate a vedervi cos’è l’Aspen Institute, di cui è socia da quest’anno anche Giorgia Meloni, per rendervi conta di quanto questo termine sia un’etichetta vuota e priva di reali contenuti.
Questa purtroppo è la triste fine che ha fatto la destra giovanile partitica. Chi oggi aderisce a tali gruppi non ha più, come in passato, la volontà di pungolare la dirigenza e tentare, pur tra mille difficoltà, di portare avanti discorsi antagonistici all’interno di quell’ambiente. Molti potrebbero dire che concretamente quelle politiche non hanno mai portato a nulla. Può essere anche vero ma quanto meno avevano un’utilità antropologica che permetteva di trovare anche lì dei Ribelli. Oggi invece chi milita nei gruppi giovanili di Fdi ha un unico orizzonte: un paesaggio bucolico fatto di tranquillità, quiete e pace. O almeno questo vale per i più ingenui e ancora puri di cuore. Per gli altri, che riteniamo maggioranza, la prospettiva è ancor meno aulica: ottenere una poltrona ed uno stipendio parastatale. Altro che corsari, questi hanno piedi ben piantati in terra e al caldo!