“Io sono più civico di te, gne gne gne”. L’ufficializzazione della disponibilità di Paolo Damilano a candidarsi per la poltrona di sindaco di Torino per il centrodestra ha provocato reazioni infantili sul fronte opposto. I civici collinari, la gauche caviar, ha preteso di avere l’esclusiva sulle liste civiche. E guai a chi osa proporsi come indipendente senza il loro permesso. Più comprensibile la stizza (che sembra quasi strizza) del Pd torinese. In fondo Damilano era stato messo ai vertici della Film Commission da Chiamparino, mica da Cirio.
Però Damilano deve vedersela anche con i potenziali sostenitori. Per il Pd lui rappresenta la foglia di fico della Lega. Ma già Fdi e Fi fanno gli schizzinosi, per arrivare al tavolo romano e pretendere qualcosa in cambio. In compenso Damilano, nella prima intervista al Tgr Rai, ha chiarito di essere un moderato ed un liberale. Forse non il massimo per andare a conquistare i voti delle periferie torinesi.
Sicuramente può piacere in via Fanti, all’Unione industriale. Magari otterrà consensi alla Crocetta ed in collina, feudi dei radical chic che votano Pd. Ma, al momento, non pare il re dell’empatia. Dovrà lavorare molto per ammorbidire il tratto padronale. E poi, magari, potrebbe persino far conoscere qualche progetto di massima per la città. Così, senza impegno, un pour parler.. Perché le elezioni non si vincono con i voti dei pochi salotti che riuscirà a conquistare.
Però è vero che la sua candidatura ha spaventato una sinistra che ha difficoltà ad individuare un candidato vincente. La sinistra estrema vuole l’ex rifondarolo Salizzoni, grande chirurgo. I moderati sperano in Lo Russo nel segno della continuità con Fassino. Peccato che Torino, con Fassino, sia colata a picco.
Per questo Damilano avrebbe delle chances. A patto di modificare atteggiamento, di presentare un programma per nulla moderato bensì di cambiamento radicale, di circondarsi di una squadra credibile e competente. Mica facile.