“Non ho progettato barriere di filo spinato”. Paolo Damilano, candidato sindaco a Torino per la coalizione di centrodestra, sceglie la strada rischiosissima dell’ironia per rispondere alle false preoccupazioni della candidata dei pentapoltronati, impegnata a cercare una giustificazione seppur inverosimile per l’appoggio che darà al Pd al secondo turno.
Perlomeno ora si giocherà a carte scoperte. Perché, con la massima ipocrisia possibile, la coalizione del centrosinistra ha firmato un documento in cui si impegna ad evitare accordi ed alleanze con i pentapoltronati. Poi, però, si è accorto che senza di loro non ha chances di vittoria e, dunque, verba volant e scripta pure. Ci eravamo tanto odiati ma ora, in nome delle piste ciclabili e delle auto ai 20 km orari nei controviali, può sbocciare l’amore.
Però i pentapoltronati, insultati per 5 anni proprio dal candidato del Pd, dovevano trovare una scusa. E così si sono inventati il rischio di campi di sterminio in caso di successo del centrodestra. Con la guerra al Ddl Zan, con la chiusura delle frontiere. A Torino? Forse si è fatta un po’ di confusione tra il parlamento ed il consiglio comunale.

Ma ciò che resta del Movimento 5 Stelle se ne frega della logica (se no non avrebbe imposto come assessore al traffico chi non ha nemmeno la patente). Dunque si spinge sul terrore di un centrodestra che restituirebbe ai legittimi assegnatari, per lo più anziani, gli alloggi popolari occupati abusivamente dai rom. Che si lamenterebbe con prefetto e questore per l’impunità dello spaccio di droga, che oserebbe persino aiutare i torinesi in difficoltà invece di destinare le risorse ai migranti. Uno scenario spaventoso, indubbiamente.
E Damilano, fermato per un giorno da un malore, ha assicurato che non ne ha approfittato per progettare barriere di filo spinato. Una risposta gravissima ed inaccettabile per un mondo gauchista e pentapoltronato che l’ironia non sa cosa sia. Che considera ogni risata come un attentato ai diritti civili ed alla sensibilità di qualche categoria particolare. D’altronde non avrebbe neppure potuto dire “bevici sopra” poiché sarebbero scattate le proteste di chi lo avrebbe considerato come un conflitto di interessi (Damilano è a capo di un gruppo vitivinicolo e di acque minerali), poi di qualche associazione di lotta all’alcolismo, quindi delle mamme di qualche classe che tutelano i figli tossici ma non tollerano chi beve qualcosa di diverso dalle bibite americane.
La politica italiana non ha spazio per l’ironia. E neppure per una satira che non sia quella di regime, politicamente corretta. Alla Crozza, insomma.