Sicuramente uno dei testi più stimolanti tra quelli usciti di recente in vista del Dantedì è “Danteide” di Piero Trellini (Bompiani Overlook, pp.564, €20,00).
L’autore è un giornalista che ha collaborato con le più importanti testate italiane e che ha alle spalle un solo libro pubblicato nel 2019 per Mondadori dal titolo “La Partita – Il Romanzo di Italia Brasile” dedicato al match mondiale del 1982. Una gara che si disputò quando l’autore aveva appena dodici anni. Oltre seicento pagine per raccontare un solo evento sportivo che tuttavia ha cambiato il mondo del calcio.
Ecco, appunto, raccontato. Così quando l’editore gli ha proposto di “scrivere qualcosa” su Dante in vista dell’anno celebrativo, Trellini ha deciso di fare leva sulle sue doti di narratore innamorato fin da piccolo della Commedia, per dare vita a un romanzo-saggio, o se si vuole a un saggio-romanzo.
Avete presente i geodi, quelle pietre che all’esterno sembrano dei sassi qualunque e che all’interno nascondono cristalli di grande bellezza? Ebbene Danteide è così: un brutto titolo e una brutta copertina che nascondono un piccolo tesoro.
L’autore muove dal minuzioso resoconto della scoperta delle ossa di Dante in occasione dei seicento anni dalla nascita. Ma non fatevi fuorviare da queste prime sessanta pagine introduttive, in cui si narra, tra l’altro, della misurazione della capacità cerebrale del poeta effettuata riempiendo il cranio di chicchi di riso.

Il bello viene dopo, quando Trellini decide di ovviare alle scarse notizie sulla vita del poeta cambiando del tutto prospettiva. Se poco si può dire sulla vita, molto si sa su ciò che Dante vide con i suoi occhi, su un’epoca che lo vide coinvolto in prima persona: dalle lotte tra papato e Impero alla nascita dei Comuni, dalla crisi del sistema feudale ai mutamenti economici che portarono il “popolo grasso” al potere, e così via. Pertanto Trellini adotta un punto di vista diverso, il punto di vista di Dante, che tutte quelle vicende riversò nella sua opera principale. E, noi con lui, riviviamo un epoca tra le più interessanti e dinamiche della nostra storia.
Così ci inoltriamo tra vicende che di solito i dantisti o trascurano o danno per scontate. Situazioni le più varie, che spaziano dalla politica alla cronaca nera, dall’antropologia ai cambiamenti climatici, dalle influenze culturali a quelle religiose, dalle dinamiche sociali a quelle economiche. Con un occhio attento ed esclusivo ai riferimenti che Dante ci fornisce nella sua opera principale, quella Commedia che rappresenta non solo il massimo monumento della letteratura di ogni tempo, ma un’enciclopedia di eventi e conoscenze che, a partire dal Medioevo, giunge intatta fino ai giorni nostri; e che, come diceva Carlo Ossola, fa sì che Dante sia ciascuno di noi.
Gustosi sono poi i riferimenti intertestuali che portano l’autore a paralleli con il nostro mondo: da Hitchcock al Grande Lebowsky, da Wim Wenders a Rino Gaetano, passando per “tutto il morto minuto per minuto” Absolute Biginner e Una poltrona per due.

Insomma, molti ingredienti per un piatto tutt’altro che indigesto. Al quale si possono perdonare errori e omissioni: come quando la battaglia di Waterloo viene posticipata di un anno, oppure allorché, parlando della chiave esoterica della Commedia, si dimentica di citare non dico Luigi Valli o René Guénon, ma Giovanni Pascoli (gli ultimi due citati, solo per nome, nelle note finali).
Un’opera, questa Danteide, che meriterebbe un maggiore successo. Un successo che forse non le garantiranno neppure le ottime recensioni di Antonio D’Orrico su La Lettura, di Giulio Ferroni su TuttoLibri e addirittura di Sergio Valzania sull’Osservatore Romano.