Nella vita c’è chi dà. E chi prende. Forse, anzi certamente una antropologia un po’ riduttiva della complessità umana. Eppure…pensateci bene… Nei rapporti di ogni tipo, di lavoro, amorosi, amicali, familiari…ci sono persone che danno. Danno tutto ciò che possiedono e possono. Talvolta anche oltre. A livello emotivo, sentimentale. E materiale.
E ci sono altre che, invece, prendono. Soltanto. Come se fosse loro tutto dovuto. Senza preoccuparsi mai di dare qualcosa in contraccambio…
Non sto parlando di malafede. Di truffatori o altro di simile. Ma di un atteggiamento psicologico. Meglio ancora, di una disposizione d’animo. Sono così. Punto.
Uno psicologo o psichiatra, forse, parlerebbe di affettivi e anaffettivi. Con tutte le gradazioni e sfumature del caso. Altri tirerebbero fuori la solfa di “essere o avere”.
Ma io preferisco altri… riferimenti. E altri maestri.
Uno in particolare. Uno strano “maestro”, in verità. Una figura che risale alla mia prima giovinezza. Ai tempi del liceo.
Avevo preso a frequentare ambienti dove si parlava di esoterismo, filosofie orientali, occulto… Roba così, a dire il vero in modo caotico, non sempre serio. E un po’ alla rinfusa. Più che altro erano delle specie di circoli informali, che si ritrovavano immancabilmente, pioggia o sole, ai tavolini di un caffè o di una pasticceria. E, ovviamente, c’erano i personaggi più diversi. Strani, ma interessanti.
Tra questi, quello che chiamavamo, familiarmente, Zacca.
In verità lui si faceva chiamare Mohammed Zaccaria al-Bundinghi. Che significa “Il veneziano”. Perché, ad onta del nome arabo, era veneziano. E per di più di antica schiatta, nobile. Ma si era convertito all’Islam. Una scelta dettata dalla lunga frequentazione delle opere di Guénon, Schuön, Corbin… Dall’interesse per il sufismo. Per la tradizione esoterica insita, o meglio segretamente ospitata, nella cultura islamica.
E, ovviamente, portava una lunga e fluente barba, che già allora andava brizzolandosi. E parlava con voce profonda. Mescolando, però, l’italiano con un dialetto veneziano che sembrava uscito da una scena del Goldoni.
Va detto che il vecchio Zacca, vuoi per età (noi, lì ad ascoltare, si era tutti dei ragazzotti), vuoi per la sua vasta, ancorché farraginosa, erudizione, si atteggiava a Maestro. Ma era un maestro strambo. Lui stesso si diceva, più che uno sheikr, un pîr (credo si scriva così)… ovvero un maestro eterodosso. Irregolare.
Irregolarità che si traduceva in un forte senso dell’ironia e dell’umorismo. In battute fulminee, in dialetto, sovente anche non prive di…volgarità. Che però lui usava con aristocratica eleganza.
Una volta, si parlava della natura umana. E delle diverse tipologie umane. Che, in generale, riteniamo essere innumerevoli, per quella sorta di culto che abbiamo della nostra “personalità”. Per cui, siccome ci riteniamo unici e irripetibili, pensiamo che ogni uomo lo debba necessariamente essere.
Ma Zacca sbuffò, facendo uscire un getto del fumo della sua, eterna, sigaretta..
“Tutte monae… Esistono solo due tipi di uomini (e donne, preciso per i maniaci della parità di genere). Quei che dà e fregature e quei che e prende…”. Naturalmente usò un’espressione…più colorita. Ma che preferisco evitare, per non offendere qualche, sempre eventuale, gentile lettrice.
Tradotto, aveva però tagliato la testa al toro. A tutte le ciarle su affettivi e anafettivi, ai quadri psicologici, alle divagazioni e dissertazioni sugli irrisolti che uno si porta dietro dall’infanzia… Aveva semplificato in modo rude. Ma nella estrema semplicità vi è, forse, la vera chiave della saggezza. E la comprensione della vita.
Vi sono quelli che pensano agli altri. E, quindi danno. E quindi, come diceva Zacca, prendono le fregature. E quelli che vedono solo se stessi. E si preoccupano, solo, di ottenere ciò che vogliono. Prendono. E fregano gli altri senza alcuna remora.
I primi sono ingenui. I secondi strategici e scaltri. Non è una questione di cultura. E neppure di intelligenza. Colui che prende è, in genere, dotato di una sorta di istinto. Individua il punto debole dell’altro. E vi fa leva. In tutti i modi. Senza riguardo alcuno per i sentimenti che può ferire. Per il dolore che può arrecare. Lo sfrutta ai suoi fini. Punto.
Ed è convincente, purtroppo. Perché è sempre convinto di avere ragione. Inevitabile, visto che non prova mai a mettersi nei panni dell’altro. A cercare di capirlo. Solo lui, alla fin fine, conta. Solo lui esiste.
Ed è così, come dicevo, in tutti i rapporti della vita. In quelli di lavoro, nelle amicizie. In quelli amorosi e coniugali. Dove, spesso, è possibile intravedere una situazione vittima /carnefice.
Ed è così anche nelle relazioni più ampie. Diciamo, politiche, tra i popoli. Dove c’è chi si sente sempre in diritto di fare il proprio interesse. A scapito di tutti gli altri. E s’indigna se un altro prova ad alzare la testa. Si rifiuta di subire…. Discorso lungo, che ci porterebbe troppo lontano. A parlare della pagliuzza e della trave. E anche di “Ombre rosse” con John Wayne…parole oscure, lo so. Ma qualcuno capirà.
Ricordo, però, che chiesi a Zacca
Ma è davvero così? Non c’è alternativa a questo dualismo tra chi prende e chi viene predato? Tra il fare il male e il riceverlo?
Domanda ingenua…ero un ragazzino.
Ma lui… altra sbuffata di fumo. Poi…
“Te pol ciamarte fora. Uscire dal mondo. Distaccarti. E metterti su uno scoglio a guardare gli affanni degli altri…” altra boccata di fumo “Ma è difficile. Costa fatica. E dolore”.
Buona Pasqua a tutti.