Inevitabile parlarne…anche se, tutto è, fuorché una cosa nuova. È vecchia, o meglio antica. E, poi, si ripresenta, sempre uguale, tutti gli anni. Esattamente alla stessa data. Nella notte a cavallo tra il 5 e il 6 di Gennaio. Sto parlando, ovviamente, della Befana. Di questa strana strega (perché alla fine fine sempre di una strega si tratta) che invece di cercare di mettere i bimbi al forno per mangiarseli – come la sua collega di Hansel e Gretel – porta loro dolciumi e balocchi.
Certo, vi sono narrazioni, leggende, che hanno cercato di cristianizzare la sua figura. Di metterla in qualche modo in armonia con le Feste dì Natale. Di cui l’Epifania rappresenta la conclusione. Ad esempio la storia della vecchietta che si era dapprima rifiutata di seguire i Magi a Betlemme. Pigra e neghittosa. Poi, pentita, aveva riempito un sacco di dolci e si era messa in cammino. Ma non era riuscita, mai, a raggiungere la Grotta della Natività. E così aveva cominciato a distribuire dolciumi e frutta a tutti i bambini che incontrava sulla sua strada. Da allora non si è più fermata. A pensarci, sembra una versione, in chiave di fiaba, della storia dell’Ebreo Errante….
Comunque, quella della Befana è una tradizione tutta nostra. Tutta italiana, intendo. Negli altri paesi cattolici – o che, comunque, celebrano l’Epifania e la considerano festa grande – a passare con i doni sono, per lo più, i Re Magi. In Francia, in Spagna soprattutto, dove, per antico uso, sono Baldassarre, Melchiorre e Gaspare a portare i doni. Non Santa Claus.
E, un tempo, era così anche un alcune zone d’Italia. In Lombardia, in particolare. Per probabile retaggio della dominazione spagnola..
Poi, però, la Befana – che proveniva dal centro della Penisola, dove si favoleggia abbia casa – ha preso il sopravvento. Senza però, mai, migrare oltre i nostri patrii confini. Anche se nel mondo germanico, vi è la figura di Perchta che le assomiglia alquanto. Con la differenza, non trascurabile, che la nostra vecchietta ai bimbi cattivi porta carbone. La germanica (forse di origine celtica) Perchta, detta anche Bertha…li cucina e se li mangia. I tedeschi fanno sempre le cose in modo più serio, e radicale, di noi.
Comunque è una vecchia brutta. Tant’è che, in molti luoghi, la notte della Epifania si accendono grandi falò. Si fa festa, come nei Pan e Vin del mio Veneto. Si beve vin brulé e si mangia la pinza, un dolce con farina di polenta, uva passa, pinoli…e , infine, si Brucia la Vecchia.
Che sembra una vera e propria crudeltà. Visto che, poveretta, ha faticato tutta la Notte, per portare doni ai nostri figli. Però la Befana deve essere bruciata. Perché è come l’Araba Fenice. Rinasce dalle sue ceneri. E, per di più, rinasce giovane e bella.
Ora non vi fate la testa pensando a recenti film sulla Befana, tipo quello con Paola Cortellesi. E neppure a certe immagini di Befane sexy, in giarrettiere e tacchi a spillo, che girano sul web in queste ore. La nostra Befana, quella vera, quella che il passato Regime si arrogò, proclamandola, addirittura, “fascista” – e facendo così felici i bambini delle classi meno abbienti – torna giovane, nonché bellissima, per una ben precisa ragione. Perché è una Dea.
Un’antica Dea italica. Diana, secondo alcuni autori. Strenua, compagna di Giano, secondo altri. E porta doni. In una interpretazione naturalistica, la rinascita, o meglio l’annuncio della rinascita della Natura a primavera. Quindi col volto vecchio e grinzoso dell’anno passato. E quello giovane, e splendente, del futuro. Proprio come il Giano Bifronte della tradizione italica.
Ma spiegare tutto con la questione dei cicli naturali, così importanti per le antiche civiltà agricole e pastorali, sarebbe riduttivo.
Forse, e sottolineo il forse, dovremmo andare a leggere “Gli ingannati”, La commedia rinascimentale di Ludovico Castelvetro, che è poi la fonte de “La dodicesima notte”. Di William Shakespeare. Una autentica sarabanda di intrighi e scambi, di inganni appunto e autoinganni. Con un sottofondo decisamente… erotico. Accennato, certo. Ma evidente.
Ma che c’entra l’eros e la commedia con la nostra Befana?
Bèh, intanto è lo sfondo della vicenda. Dodicesima Notte la chiama Shakespeare, in un’epoca in cui l’Epifania era più importante del Natale. Anche perché chiudeva le feste natalizie, ma apriva il Carnevale. Il trionfo delle maschere. E degli inganni.
Più esplicito il Castelvetro. Notte della Beffana, la chiama. Notte, quindi, di luci e doni. Ma anche di beffe e inganni .
E il volto di Diana è, notoriamente, ingannevole. Oscuro e luminoso. Antichissimo…e, pur, sempre, nuovo. Magico…. anzi capace di stregare chi osi contemplarlo.
È il mistero della Luna. Della sua forza che, certo, è più fluttuante e oscura di quella del Sole. Ma i cui Doni possono essere ancora più preziosi di quelli del Natale.
Questa Notte, la Befana è passata. Cavalcando la classica scopa, e stagliando la sua, inquietante, figura nel cono di Luce di una Luna non lontana dal suo culmine. Ha lasciato doni dolci. Poi, se ne è andata, portando via le Feste del Solstizio. La Chiesa torna al tempo ordinario. Le luci si spengono. Ma, al contempo, inizia il Carnevale. È il momento delle Maschere. Delle feste dei folli.
Di una Dea ebbra che danza e canta nelle tenebre notturne.