Questa operazione di ingegneria sociale e di intorbidamento psichico chiamata “Covid-19” ha determinato due conseguenze tanto preoccupanti quanto paradossali: la volontà di non vedere e l’ambìto brivido della paura.
Il primo effetto è sintetizzato nella frase “Non dirmi certe cose”, con l’intento di chiudere ogni confronto con chi, usando il raziocinio, è disposto alla discussione su dati, notizie, contraddizioni e informazioni. È il comportamento strutturale della più becera ideologia: chi non è con me è contro di me.
È l’identico meccanismo che caratterizza Berizzi e il fascismo: se la canta e se la suona in ambiti favorevoli predefiniti, e davanti ad un possibile dibattito si defila, non risparmiandosi in insulti, sarcasmi e manipolazioni a debita distanza. In questo caso l’atteggiamento sostenuto ha una ragione pratica: conquistarsi una notorietà e, con essa, un assicurato introito di servitù. Nel primo caso, invece, la motivazione è emotiva, e perciò ancora più pericolosa. È la messa fuori gioco della parte razionale, corticale, ragionante e la prevaricazione di quella emotiva, di quella localizzata nel sistema limbico del cervello, per certi versi si potrebbe dire anche inconscia, o quanto meno incontrollabile. Insomma, il buio dell’impressionabilità ha la meglio sul lume della ragione.
Il secondo effetto è paradossale. Uno va dal medico sperando che gli dica che non c’è niente di cui preoccuparsi, che è una sua fissazione, mentre nel caso del virus si aspetta – anzi, desidera – sentirsi dire che c’è, che è pericoloso, che è mortale. Gode pensando che lui è confermato nella malattia più o meno potenziale, e percepisce gli indifferenti, gli incuranti come superficiali e irresponsabili, quando non cinici untori.
Sembra quasi il meccanismo dell’ipocondriaco, con quella valenza masochistica che lo porta a sottoporsi alle più disparate indagini cliniche, apparentemente per allontanare i dubbi, mentre inconsciamente cerca la conferma dello stato di malattia. Questa psicopatologia ha, per altro, un risvolto apparentemente irragionevole che consiglia i clinici a inventare un disturbo fantasioso da curare, piuttosto che documentare l’assenza di malattia: perché quando un ipocondriaco raggiunge la consapevolezza di salute si trova davanti ad un elevato rischio di suicidio.
La strategia che è stata pianificata per l’addomesticamento della massa e la sua autosegregazione è molto peggiore di quanto gli imbecilli di scarso intelletto e di scadente cultura vogliano identificare con il fascismo, il nazionalsocialismo o il comunismo.
Le tre ideologie del ‘900 si assumevano la responsabilità di rivendicare una propria volontà di potenza, e pagarono pesantemente questa applicazione. La democrazia è vile: scarica la colpa su un’entità esterna e opprime in nome della salute, nella sua accidiosa impotenza.
Alle prime tre l’onore del nemico, all’ultima l’infamia della sua ipocrisia.