Pogolotti è una piccola frazione del Comune di Giaveno, cittadina della Val Sangone a venticinque chilometri da Torino. Ma Pogolotti è anche un quartiere dell’Avana, a settemila chilometri di distanza dal Piemonte. Eppure, malgrado l’oceano che le divide, le due località chiamate Pogolotti sono unite da un filo sottile che dura da oltre un secolo. E il motivo è che il quartiere della capitale cubana, sorto nel 1912 sul modello dell’edilizia sociale europea destinata alle famiglie operaie, ma caratterizzato da una propria identità culturale di stampo afro-caraibico, venne costruito dall’emigrato giavenese Dino Pogolotti, che gli diede il suo nome.
Un gran personaggio, questo Pogolotti. Nato nel 1879 e figlio di una famiglia di panettieri, studiò nel seminario arcivescovile della cittadina ma anziché prendere i voti emigrò negli Stati Uniti, dove svolse vari mestieri e, grazie alla vasta cultura e conoscenza del latino, greco e francese, diventò maestro in casa di una ricca famiglia americana. Dino fece innamorare e sposò la sua allieva Grace Joyce e nel 1898 arrivò a Cuba in qualità di segretario del console americano. Pogolotti comprese subito le grandi opportunità di sviluppo che l’isola offriva in quei tempi, quindi fondò un’impresa di costruzioni e aggiudicandosi una gara di appalto costruì il primo quartiere operaio dell’isola, nel municipio di Marianao, sobborgo dell’Avana. Grazie ai soldi della moglie comprò estese tenute sempre nella zona di Marianao e realizzò grandi progetti di urbanizzazione su queste terre, promuovendo la nascita di nuovi quartieri. Oltre a un migliaio di appartamenti, costruì il cinema, l’acquedotto e un negozio di alimentari che ancora esiste nel municipio di Marianao, quello che adesso si chiama Barrio Pogolotti.
Sull’impresa di Dino Pogolotti anni fa Enrica Viola, con il sostegno della Film Commission del Piemonte, realizzò un documentario dal titolo “Mi Pogolotti querido”; ma adesso arriva anche una graphic novel, che verrà presentata al Salone del Libro che si aprirà domani a Torino. Il volume, che s’intitola “Pogolotti, una famiglia, un quartiere, una storia”, è pubblicato da Echos Edizioni, una giovane realtà editoriale che ha sede proprio a Giaveno e manifesta una grande attenzione per le storie del territorio.
«L’opera è stata realizzata da un grande artista cubano, EnriqueLacoste, con la traduzione in italiano dei testi a cura della giornalista del quotidiano “Granma” Gioia Minuti – spiega Marco Margrita di Echos Edizioni – e vuole essere un contributo per consolidare il ponte tra Giaveno e la capitale di Cuba. Con l’attenzione rivolta soprattutto alle giovani generazioni, fondendo in un agile strumento divulgativo la vicenda di “una famiglia, un popolo, una storia”. Un valore territoriale che conduce ad assumere uno sguardo glocale, facendo rete da un lato all’altro dell’Oceano».
Al di là del quartiere che ora porta il suo nome, la storia dell’intera famiglia Pogolotti è strettamente legata a quella dell’isola caraibica: Dino fece arrivare a Cuba anche i fratelli Giuseppe, Basilio e Luigi e con il loro contributo l’azienda partecipò alla costruzione di zuccherifici, strade ed urbanizzazioni in tutta l’isola. Il figlio di Dino, Marcelo (1902 – 1988) è stato un importante pittore futurista e surrealista, ha vissuto a Parigi, Barcellona, negli Usa e in Italia, salvo poi tornare a Cuba dopo essere rimasto cieco, all’età di 38 anni. Solo negli ultimi tempi il suo Paese gli ha riconosciuto il giusto tributo, culminato in una recente mostra all’Avana in occasione del centenario della sua nascita.
Anche la figlia Graciela, terza generazione di Pogolotti a Cuba, nata a Parigi nel 1932, occupa un posto importante nella vita culturale dell’isola. Ha studiato filosofia e lettere all’università dell’Avana e alla Sorbona, è stata giornalista, ha lavorato come assistente alla prestigiosa Biblioteca Nazionale José Martí ed è stata membro del consiglio editoriale di diverse riviste e giornali cubani. Nel 2005 ha ricevuto il Premio nazionale di letteratura. Attualmente è presidente della Fondazione Alejo Carpentier.