Non ci sono soltanto gli esperti di farfalle trasformati in divi come virologi televisivi. Ora che i colori italiani virano al bianco, in tv approdano gli esperti di turismo. Che, sull’onda dell’ottimismo sparso a piene mani da Crisanti, preannunciano un’estate pessima per il turismo montano. Tutti al mare, tutti al mare, a mostrar le chiappe chiare. Per cancellare un 2020 che aveva visto un boom delle vacanze sulle Terre Alte.
È vero che lo scorso anno la montagna aveva conquistato un pubblico alla ricerca di aria pulita, possibilità di andare da soli sui sentieri, distanziamento garantito dal tipo di turismo. Mentre le spiagge, con il loro corollario di movida, discoteche, affollamenti, rappresentava un pericolo per gli adepti del terrore di Stato.

Ora il Covid non fa paura, le vaccinazioni proseguono, i menagramo televisivi hanno perso ogni credibilità. Dunque il turismo torna ad indirizzarsi verso il mare, anche per condizioni meteorologiche che stanno penalizzando le Alpi in questo scorcio di fine primavera. Con un eventuale caldo torrido nelle grandi città, tutto può di nuovo mutare. Cancellando l’idea di confinare i ragazzi nelle scuole urbane per recuperare lo studio perso con la didattica a distanza.
Però è difficile da accettare che il turismo montano, al di là di lodevoli eccezioni, resti legato quasi esclusivamente alle condizioni del tempo. Certo, l’offerta ambientale è l’elemento caratterizzante. Si sale sulle Alpi e sugli Appennini per conquistare una vetta, per passeggiare nei boschi, per godersi prati e torrenti. E la natura è difficilmente godibile sotto un temporale, con temperature rigide che non favoriscono un aperitivo all’aperto con gli amici.
Tutto vero, ma nulla impedisce di migliorare l’offerta, di completarla. Già d’inverno, prima che la banda Speranza cancellasse il turismo della neve, una quota consistente di presenze non era interessata allo sci ma al “contorno”. A maggior ragione d’estate.
In realtà il “contorno” esiste in tutte le principali località turistiche montane. Ciò che manca è la promozione, la capacità di far conoscere la realtà che va oltre il sentiero o la roccia dove arrampicare. Cultura, storia, tradizioni. Affreschi e reperti archeologici, musica locale ed incontri internazionali, musei e mostre, castelli ed architetture tipiche del territorio. Però mancano spesso gli operatori capaci di far apprezzare tutto questo patrimonio di grande valore che si modifica in ogni paese, in ogni vallata. Non basta un dépliant, magari approssimativo, per invogliare il turista a conoscere, ad approfondire.
Promozione vorrebbe anche dire mantenere un rapporto accettabile tra qualità e prezzo in ogni ambito. Dal cibo all’abbigliamento, ai servizi. Vorrebbe dire trasporti pubblici gratuiti per ridurre l’utilizzo di auto private, concerti gratuiti quando gli artisti non sono particolarmente famosi, incontri culturali che vadano oltre la presentazione del libro scritto dal cugino dell’assessore.

L’ospite, al termine della vacanza, deve partire con la voglia di ritornare, non con la convinzione di essere stato fregato, derubato. Deve trasformarsi, nella città di provenienza, in una sorta di pubblicitario della località turistica dove ha soggiornato. Deve rientrare in città con un bagaglio di conoscenze e di esperienze da condividere con gli amici, con i colleghi di lavoro, con i compagni di scuola.
Solo in questo caso il bel tempo e la temperatura gradevole diventeranno elementi di secondo piano nella proposta turistica della montagna.