In Italia non mancano le regole: anzi, come ho già cercato di spiegare su Electomag, quando ho scritto di responsabilità e paura, di regole ce n’è perfino troppe. Sguazziamo in regolamenti, leggi, leggine, divieti, circolari, prescrizioni e simile cavillume.
Però, com’è, come non è, di questi regolamenti ce ne sbattiamo allegramente.
Parcheggiamo nei posti dei disabili, saltiamo le file, non assicuriamo le automobili e guidiamo col cellulare all’orecchio.
Ecco, guidiamo col cellulare all’orecchio: esempio tra i più significativi. Ci sono leggi draconiane a riguardo: multe pesanti, patenti periclitanti, minacce incombenti. Eppure, continuiamo a guidare con il fottutissimo cellulare incollato alle olane: e parliamo, parliamo.
Evidentemente, miei cari electomagici, siamo un popolo di masochisti: Venus im Pelz e non il codice della strada è il nostro libro sacro.
Ci piace farci mazzolare, insomma? Macchè: nulla di tutto ciò. Masaniello è il solito furbacchione di sempre: non si è trasformato in un algolagnico dalle tenebrose timidezze. Gli è che chi dovrebbe far sì che la regola venga applicata, molte volte è il primissimo a sbattersene.
Un po’, forse, perché, in Italia, si arrestano i delinquenti e, poi, si trova sempre un magistrato che li rimette in libertà. Ma, spessissimo, è proprio chi dovrebbe castigare le marachelle e blindare i marachellari a disattendere le nostre aspettative.
Vi racconto un fatto capitatomi un paio di giorni fa, e che mi ha ispirato questo arguto pezzullo.
Viaggiavo con la mia Vespa sulla ridente, ancorchè trafficatissima, tangenziale bergamasca: la giornata era bella, l’aria era frizzante e il mio animo era incline a perdonare torti e ad apprezzare la vita. Questo per dire che non ero incazzato come un bufalo, secondo il mio costume naturale, sibbene allegretto e spensieratello alquanto.
Ma il mio occhio grifagno non ha potuto fare a meno di notare una vetturazza che, immediatamente, ha attirato il mio risentimento: un’Opel station wagon vecchia come il cucco, con targa improbabile e guidatore balcanico in vena di record sul giro.
La ragione per cui ho notato l’imbarazzante veicolo risiede nella significativa peculiarità per cui gli lampeggiava la freccia destra, mentre l’ardito bosgnacco tendeva inequivocabilmente a sinistra, con una rotta obliqua, attraverso la quadruplice strisciatura dell’arteria, non senza qualche disagio e relativa contumelia da parte dei camionisti ed automobilisti.
Incuriosito dal comportamento vagamente suicida del Nostro, mi sono avvicinato alla fiancata, piuttosto malmessa, del catorcio potendo notare che Dragutin, Mustafà o come accidenti si chiamava, stava animatamente discutendo al cellulare con Svetlanka, Amina o sa il diavolo.
Immediatamente, dentro il mio vecchio petto, si sono riaccese tutte le turbine del legalitarismo, del nazionalismo e del cimminismo, che è la somma dei primi due, con l’aggiunta di un carattere piuttosto saturnino.
Ho valorosamente insultato l’oriundo con tutti i più pittoreschi insulti che il serbo-croato riservi al canto dell’odio, tirando in ballo, disciplinatamente, la sua religione, i suoi parenti e gli agnati, fino al settimo grado.
Forse, il mio accento non era perfetto: fatto sta che il gentiluomo ha proseguito imperterrito tanto il suo viaggio a zigzag quanto la sua vivace sticomitia telefonica.
Proprio quando ero lì lì per desistere, ho notato, con un certo sollevato stupore, che proprio dietro a noi c’era una Panda dei Carabinieri, con due militi a bordo, vittima essa stessa, delle criminali bissabobe del telefonista-driver.
Bene, mi sono detto: adesso ci penseranno loro a far vedere al tapino che, in Italia, non si scherza con le violazioni delle regole!
Invece, come se nulla fosse, i due Carabinieri hanno proseguito pacifici, tutti presi da chissà quale importantissima e segreta missione: datosi che era l’una passata, postulo discutessero se ordinare un primo o direttamente il brasato con polenta.
Dragutin, Mustafà, oppure fate voi, ha preso una svolta a destra (ovviamente senza segnalarla) ed è scomparso dalla mia vita, come un’evanescente visione ottobrina.
Lo so che è un episodio di nulla importanza: ma poniamo il caso che il fetente avesse causato un bel ciocco. Che ci fossero stati dei morti, dei feriti. Che, insomma, come sempre in questo povero Paese, si dovesse fare la conta delle perdite, anziché cercare di prevenire i disastri.
Di chi sarebbe stata la colpa? Del balcanico, ovviamente: ma anche di quei due neghittosi servitori dello Stato e del loro brasato maledetto.
Fine dell’aneddoto: a voi le conclusioni.
Se nemmeno i Carabinieri intervengono per fare rispettare la legge, a che serve domandarsi dove andremo a finire? Ci siamo già finiti.