Dunque, parliamo di Draghi…. Bella novità, dirà un qualche ipotetico lettore o lettrice… Non fanno che parlarne tutti…
Eh no… perché non è mia intenzione parlare di Mario Draghi ed impelagarmi nelle, mefitiche, paludi concettuali della politica politicante di questi giorni. E di questa Italia. Io voglio parlare di ben altri Draghi, al plurale. Draghi autentici. Veri o immaginari che siano, scegliete voi…
Perché il Drago, o, in altre declinazioni, il Grande Serpente, è una sorta di archetipo universale. Qualcosa che continua a giacere, nascosta , appena sotto la nostra coscienza diurna ordinaria. E che emerge nei sogni, nella fantasia. Nelle allucinazioni. Che sono, poi, improvvise aperture, crepe nel muro della nostra piatta razionalità…

Dunque, draghi e serpenti si ritrovano in tutte le mitologie. Dal Serpente Piumato meso-americano, che ha ispirato uno dei romanzi più inquietanti di D. H. Lawrence, ai Naga, il popolo serpente celatosi nella terra cava secondo la tradizione indù. Da Tiamaat, il demone drago sconfitto da Marduk nel mito mesopotamico, al Grande Serpente che avvolge il mondo nelle sue mortali spire secondo l’Edda norrena… Senza dimenticare, ovviamente, quello dell’Eden biblico… ‘
Ma quando si parla di Draghi è praticamente inevitabile che la mente corra a due ben precisi, diciamo così, poli. Opposti, almeno in apparenza.
Ad un estremo, l’ Oriente. O, più esattamente, la Cina. L’antico Impero di Mezzo, dove si erge, da epoca tanto remota da sconfinare nel mito, il Trono dei Dragoni. Perché la storia cinese indica l’inizio della civiltà con i, cesiddetti, Imperatori Dragoni. Esseri non umani, o solo in parte umani, che avrebbero regnato agli albori della civiltà, più o meno all’inizio di quello che i paleontologi, oggi, chiamano Neolitico. Ed avrebbero insegnato alla stirpe degli uomini tutte le Arti. L’agricoltura, l’artigianato, la scrittura…
Da allora, per i cinesi, lo spirito che possiede anche gli Imperatori umani è lo Spirito del Drago. Che solo alla loro morte si libera della parvenza umana e torna a volare sul piano astrale.
E ancora oggi, nelle campagne, i contadini pregano il Drago in caso di siccità, perché mandi la pioggia. Ed eviti la carestia.
Non per nulla nella Festa di Primavera, che si usa chiamare il Capodanno Cinese, viene inscenata la Danza del Dragone. Rituale evocativo da cui si traggono anche auspici per il futuro.

Dunque, in Cina, e, per influenza culturale, un po’ in tutto l’Oriente Estremo, il Drago, o Dragone che dir si voglia, appare come simbolo positivo. Dico appare, però. Perché, come ogni simbolo, va letto con attenzione. Il Dragone certo è una potenza civilizzatrice. Un Grande Protettore. Ma che richiede, anzi pretende una totale, fideistica sottomissione del popolo. Un popolo che deve pregare e sottomettersi all’autorità. Un popolo che deve accettare di divenire pacifico e laborioso formicaio, obbedendo all’ élite, sostanzialmente inumana, dei Dragoni.
All’altro polo, la civiltà europea. La nostra, che è nata dal mito greco. Dove gli Dei Olimpici, dal volto e dalle emozioni (anche troppo) umane, si affermano sconfiggendo la stirpe dei Giganti, che sono anguipedi. Coda e squame di giganteschi serpenti.
Dove gli eroi, come Sigfrido affrontano, in solitudine, il Drago. E lo uccidono per strappargli il tesoro che gelosamente custodisce.
Dove i cavalieri, dal mitico Perseo sino al cristiano San Giorgio, devono vincere il Drago per salvare la Donna, che è stata offerta in sacrificio.

“Vincere il Drago” è, per altro, il titolo di un’opera di Arturo Onofri, uno dei nostri massimi poeti ancorché oggi dimenticato.
Opera nella quale la lotta col Drago è simbolo della ricerca della liberazione dell’io individuale dalle catene della schiavitù. Da quelle catene che relegano gli uomini ad una condizione subalterna, per certi versi inferiore a quella degli animali.
E Dante, non a caso, aveva incontrato, e cavalcato negli abissi infernali il Drago Gerione. Che ha solo volto, ovvero parvenza di uomo. E di uomo benevolo. Ma corpo squamoso, ali di pipistrello. Coda di scorpione. E Pound, proprio nel Gerione dantesco , lesse l’allegoria della Grande Usura. Il Potere economico, sostanzialmente inumano comunque si mascheri, che schiaccia gli individui. Chi li domina. Che distrugge ogni libertà ed ogni creatività…

Ecco, mi si dirà a questo punto, parli, parli, ma poi vedi che anche tu, alla fin fine, vai a buttarla in politica. E magari fra un po’ tiri fuori la solfa sui romanzi di Howard, su Kull di Valusia che combatte contro la stirpe occulta dei rettili con forma umana che vogliono dominare il mondo…
No. Vi sbagliate. Io sto solo raccontando miti. Vecchie storie tramandate da secoli e secoli. Di generazione in generazione. Metteteci voi il significato che preferite…
1 commento
E,proprio per quel CONTRA USURA, Pound fu lasciato in una gabbia sotto il sole,per poi venir recluso in un manicomio per ca 12anni.
E Prometeo pagò a caro prezzo quel suo aver rubato una scintilla di conoscenza da dare agli uomini.
Ai tanti riferimenti appresi,spunti dai quali si potrebbe prendere il largo per itinerari da percorrere tra le pieghe della mente, io mi permetto solo di aggiungere un’altra famosa rappresentazione del San Giorgio e il Drago, un dipinto,che ricordo sempre, di Paolo Uccello.