Effetto Draghi sui partiti? L’arrivo di Sua Divinità alla guida del governo ha provocato uno sconquasso destinato a proseguire, ad acuirsi. Si sta disintegrando il Movimento 5 Stelle che, al di là di come potrà terminare la rissa interna, ha comunque già rinunciato a tutti i propri impegni. “Siamo cambiati”, spiega il guru Beppe Grillo, dimenticandosi però che i voti li ha ricevuti sulle promesse elettorali, non sull’inversione a U successiva. Ma uno vale uno solo ai vertici, la base non conta nulla.
Così i governisti si sono affidati all’ex lìder minimo, seccato per essere stato defenestrato, ma comunque pronto a sostenere chiunque e con qualunque programma. Uomo per tutte le stagioni e per tutte le alleanze. Con l’appoggio di Grillo, ovviamente. I duri e puri, alla Di Battista, se ne sono andati a vivere fuori dai palazzi. I semi duri, barzotti, hanno creato un nuovo gruppo che non si allinea a Sua Divinità. Almeno per ora. E poi Davide Casaleggio lancia il manifesto Controvento, affidandosi all’immagine di Gaber e San Francesco, Fo e Gandhi. Un, due, tre: casino! Va bene per divertirsi un po’.

Ma Sua Divinità ha soprattutto sfasciato il Pd. Non che ci volesse un grande impegno ad eliminare Zingaretti. Il problema, però, non è l’ex segretario, ma la rissa interna. Scatenata dagli ex renziani. Quelli che, a sorpresa, non avevano seguito gli scissionisti. E qualcuno si era chiesto se non fosse una manovra di Renzi: lasciare nel Pd le uova del drago per farle schiudere al momento opportuno. Sono però anche emersi limiti enormi a livello personale, prima mascherati. E sarà un grande problema per il futuro.
Paradossalmente il grande manovratore dell’operazione Draghi, cioè Renzi, non ha ottenuto vantaggi in termini di sondaggi. Troppo raffinata l’operazione per suscitare entusiasmo. Però può approfittare della crisi del Pd.
Sul fronte non più opposto non ci sono problemi per Forza Italia. Ma ce ne sono per la Lega. Speculari a quelli del Pd. Il programma di Sua Divinità è antitetico rispetto a quello della Lega e quando i sudditi si accorgeranno delle conseguenze lacrime e sangue, il partito potrebbe pagare un prezzo elevato. E potrebbero emergere le differenze di non poco conto tra Salvini e Giorgetti. Le scissioni non hanno mai portato fortuna a chi se n’è andato, ma la convivenza potrebbe diventare molto difficile.

Difficoltà di cui potrebbe approfittare inizialmente Giorgia Meloni. Fdi ha già superato nei sondaggi il Pd ed ha messo nel mirino 5 Stelle contiani e Lega. Però, anche come primo partito, da solo non può fare nulla. E per essere davvero l’elemento trainante della coalizione servirebbe una diversa classe dirigente.
In realtà servirebbe, a tutti, un completo cambiamento. I partiti hanno offerto uno spettacolo indecente o, nel migliore dei casi, ampiamente insufficiente. La fuga degli elettori, la rinuncia a governare cedendo il comando ai tecnici, la scelta di puntare su candidati civici a livello locale sono la dimostrazione della consapevolezza di una sostanziale inadeguatezza. Manca però il coraggio per il passo successivo.