Il maestro intravvede una maglietta con i 4 mori ed il coro alpino la Genzianella di Roncogno intona subito “No potho reposare”, quasi un simbolo della musica sarda nel mondo. È l’interno dell’hotel Posta di Montagnaga di Pinè, in provincia di Trento. Così come è in provincia di Trento anche Roncogno e sono trentini tutti i componenti del coro che, in quel momento, sta estasiando Pippo Franco che li ascolta. Eppure la dedica allo spettatore sardo non è una eccezione.
Nel repertorio della Genzianella ci sono brani della montagna piemontese e veneta, e l’attenzione nei confronti degli altri territori è costante. Tanto per chiarire ai centralisti di ogni colore che l’odio razzista è quasi sempre una squallida invenzione di chi vuole fomentare lo scontro tra Nord e Sud. D’altronde proprio la bandiera sarda è la palese dimostrazione di questa narrazione falsa della realtà.
Non c’è manifestazione pubblica dove non compaiano i 4 mori. Dal Giro d’Italia al Tour de France, dalle Olimpiadi non covidizzate alle partite delle nazionali di calcio o di pallavolo. Ovunque i sardi espongono con orgoglio il simbolo della loro appartenenza. C’è qualcosa di male? Ovviamente no, al di là delle paranoie centraliste. Sentirsi sardi – o veneti, lucani, piemontesi, trentini, abruzzesi, siciliani – non significa volersi creare uno stato indipendente che dichiari guerra a Raggi o a Sua Divinità Mario Draghi. E non vuol neppure significare un rifiuto dell’idea di Europa.
Significa solo amare la propria terra, la propria gente, il proprio piccolo mondo antico. E da questo amore, da questa consapevolezza, nasce la possibilità di confrontarsi con gli altri, la voglia di ascoltarli, il desiderio di conoscerli.
Chi è senza radici non può confrontarsi con nessuno. E lo statalismo centralista ha, come uniche radici, la burocrazia più ottusa, la prevaricazione più insopportabile, la sordità più intollerabile. Dunque tende inesorabilmente alla sopraffazione, alle imposizioni di regole, al tentativo di soffocare ogni forma di amore per la propria terra. Chi ama la propria piccola patria ha maggiori capacità di riconoscersi in una tavolozza europea composta da mille patrie, da mille colori e da un destino comune.
I centralisti sono, in realtà, globalisti sfigati confinati in un ufficio dalle mille ingiustizie, dai mille abusi, dalle mille prepotenze per conservare il proprio meschino potere. Incapaci di inserirsi in un progetto europeo ma incapaci, anche, di favorire un processo di cooperazione interna.
Per loro la musica deve rispondere esclusivamente alle esigenze del potere. E la bandiera dei 4 mori fa paura, così come il Leone di San Marco, come un canto degli alpini o una canzone dei pescatori. “No potho reposare” per loro non è una canzone d’amore ma solo la mancanza di sonno per il mancato odio tra trentini e sardi.