Disforia razziale. È il nuovo passo avanti – verso il precipizio – dell’idiozia politicamente corretta statunitense. Visto che è diventato obbligatorio il riconoscimento della disforia sessuale, con tanto di legge per punire chi non si allinea al pensiero unico, perché non ammetterlo anche per le razze? Che non esistono quando non fa comodo, ma che devono essere riconosciute quando servono ai radical chic ignoranti.
Così gli statunitensi, per potersi riconfermare come i più stupidi del Globo, hanno deciso che ciascuno fa parte della razza a cui si sente di appartenere. Sei uno scandinavo biondo e con gli occhi chiari? D’ora in poi puoi sostenere di essere afroamericano e guai a chi si mette a ridere. Sei un latino con evidenti radici andine? Ora puoi pretendere di essere annoverato tra gli afroamericani.

Casualmente, ma solo casualmente, gli afroamericani non si fanno passare per scandinavi o latinos.
Ovviamente ci sono delle buone ragioni, legate alla stupidità yankee. Perché le minoranze, certe minoranze, sono avvantaggiate nelle carriere universitarie, nelle assunzioni, nell’ingresso nei consigli di amministrazione. Tutti impegnati a garantire quelle che in Italia sono quote rosa e che negli Stati Uniti tutelano i diversi gruppi etnici e sessuali.
Dunque se in un’azienda si aprono chances di assunzioni di alto livello e ben retribuite, ed i candidati afroamericani o nativi non hanno curricola particolarmente eccitanti, tanto vale vantare ascendenze africane o di qualche tribù di pellerossa ed ottenere il posto di lavoro.
Ancor più evidente la necessità di falsificare il proprio albero genealogico per far carriera nelle università che sono diventate la sentina del politicamente corretto. Una cattedra sui nativi americani è più facile da ottenere se ci si presenta come discendente dei Sioux. Una ricerca sulla musica del Burundi è più facilmente finanziata se il ricercatore assicura di avere avuto un bisnonno che viveva in Senegal (che è da tutt’altra parte, ma tanto negli Usa hanno la stessa preparazione di Giggino).

Sono i meravigliosi risultati del politicamente corretto. E di fronte all’indignazione di chi si sente defraudato di una cattedra o di un lavoro di alto livello, gli imbroglioni hanno rilanciato con la disforia razziale. D’altronde se i maschi possono partecipare alle competizioni sportive femminili, in alcuni Stati degli Usa, sostenendo di sentirsi donne e vincendo coppe e premi in denaro, perché mai i bianchi non possono ottenere dei vantaggi dichiarando di sentirsi africani neri? Quanto ai centroamericani, possono davvero pretendere di avere origini comuni con i nativi nordamericani. Ma visto che è vero, verranno penalizzati dai radical chic yankee.