Da qui al 2027 i Paesi del G7 investiranno 600 miliardi in diversi “progetti rivoluzionari per colmare il divario infrastrutturale nei Paesi in via di sviluppo, rafforzare l’economia globale e le catene di approvvigionamento e far progredire la sicurezza nazionale degli Stati Uniti” ha annunciato Biden, precisando che gli Usa contribuiranno alla ‘Partnership for Global Infrastructure and Investment’ con 200 miliardi. Gli Stati Uniti hanno già rivelato alcuni progetti: un impianto fotovoltaico in Angola, uno di produzione di vaccini in Senegal, e un cavo per telecomunicazioni sottomarino di 1.000 miglia che metterà in collegamento Singapore alla Francia attraverso l’Egitto e il Corno d’Africa. C’è poi un interessante progetto per la chiusura delle centrali a carbone in Sud Africa, su cui pare puntare la Germania.
L’operazione degli Stati Uniti per sfidare Pechino, colpevole anche di aver continuato a sostenere la Russia nella sua guerra contro l’Ucraina acquistandone il petrolio, non si ferma in Germania. Nel piano strategico che sarà varato al termine del vertice Nato di Madrid, nei prossimi giorni, per la prima volta la Cina e le sue sfide saranno citate come fonte di preoccupazione. La Belt & Road Initiative, infatti, prevede l’integrazione logistica dei Paesi del Medioriente e dell’Asia Occidentale, con investimenti volti a una crescita economico-sociale dei Paesi che si trovano lungo le rotte commerciali, andando a creare una sinergia che apporterebbe benefici a molti. L’evoluzione delle sanzioni alla Russia permetterà di capire dove andrà a focalizzarsi la domanda energetica europea, il cui fabbisogno è stato fino ad oggi strettamente dipendente dalle importazioni da Mosca. Una situazione pericolosa, che vede la Cina sempre più vicina alla Russia e sempre più lontana dal blocco Atlantico, mentre l’Europa ha un’urgente necessità di trovare nuovi partner commerciali, con Biden che invita i Paesi europei a rivedere gli scambi con Mosca, ma che non li obbliga a rinunciarvi, sapendo bene che la strada per l’autosufficienza energetica europea è – contrariamente a quella americana – ancora lunga e piena di insidie.
La Belt and Road Initiative, o le “Nuove vie delle Seta” è la grande aspirazione della Cina per collegare Pechino all’Europa, alla Russia, al Medio Oriente, passando per l’Asia centrale e il sud-est asiatico. Un reticolo di strade, collegamenti terrestri e marittimi che permetteranno alla grande potenza commerciale asiatica di rafforzare gli scambi con i suoi vicini e con nuovi e vecchi partner economici.
Oltre alle diffidenze che già c’erano nei confronti di Pechino da parte degli USA, si stanno aggiungendo i crescenti timori relativamente ad una possibile intesa con la Russia riguardo la guerra in Europa, e all’occupazione di Taiwan nel Mar Cinese Meridionale. Con l’Occidente in difficoltà, alle prese con la guerra alle porte, i prezzi delle materie prime alle stelle, e il Covid non ancora definitivamente sconfitto, la situazione non è delle migliori.
Anche i Paesi ostili all’espansionismo cinese come l’India, l’Australia, il Vietnam, la Corea de Sud, le Filippine e, soprattutto Taiwan – sempre più preoccupato dalle continue incursioni cinesi nel proprio spazio aereo, – non vedono di buon occhio tale espansionismo commerciale, nonostante la consapevolezza che porterebbe benefici economici non indifferenti anche per loro.
I cinesi saranno ostacolati per le relazioni con la Russia,”rapporti che non potranno tornare a essere come prima della guerra in Ucraina”: lo ha dichiarato il cancelliere tedesco Olaf Scholz parlando con i giornalisti al G7 a Elmau. Scholz, ha confermato che quanto è accaduto in Ucraina rappresenta un “punto di rottura nelle relazioni internazionali”, ed ha accusato il governo russo di aver infranto tutti gli accordi di cooperazione internazionale.