E se avesse ragione Calenda? Non sul programma di ulteriore impoverimento degli italiani, ovviamente. Ma sulla brevissima durata del prossimo governo. Sei mesi, secondo le previsioni o gli auspici dell’ex bambino prodigio come attore raccomandato, poi confindustriale sedicente illuminato, quindi esponente di spicco di Poltrone e Divani ed infine centrista che guarda a sinistra da solo salvo poi accordarsi con Renzi. Va beh, la coerenza non è una dote di Calenda, però la previsione potrebbe non essere azzardata anche nel caso di un successo del centrodestra con maggioranza super blindata.
Perché vincere le elezioni è una cosa, governare è tutt’altro. Bisognerebbe esserne capaci. Bisognerebbe avere programmi realizzabili e, quelli realizzabili, dovrebbero prevedere qualcosa di meglio rispetto alla macelleria sociale che piace a Crosetto. “Ce lo chiede l’Europa”. Siamo sempre lì. Non un’idea decente di rilancio dell’Italia per ridurre il debito attraverso la crescita, ma solo sacrifici ulteriori. La ricetta del grigiocrate Monti ed è stato un totale fallimento. Ed allora i crosettiani- vecchi, nuovi e di complemento – sono già pronti ad invocare una sorta di moratoria dell’opposizione piddina in modo da poter massacrare ciò che resta del ceto medio, impoverendo ulteriormente le fasce più deboli, senza contestazioni di piazza. Insomma, una riedizione dell’oppofinzione da Grande raccordo anulare ma di segno opposto.
Ed allora al centro ed a sinistra pensano già ad una grande ammucchiata per affrontare i problemi che il centrodestra dei cognati e della classe dirigente “infima” non saprà risolvere. Un governo di emergenza che duri lo stretto necessario per poi tornare al voto ma con il centrodestra sul banco degli imputati per il disastro provocato.
Di conseguenza le elezioni di settembre possono essere affrontate con obiettivi diversi. Letta vuol blindare Poltrone e Divani candidando, nei collegi sicuri, solo i suoi fedelissimi. Pronto ad affrontare una sconfitta che porterebbe ad un suo defenestramento dal vertice del partito, ma con i gruppi parlamentari schierati dalla sua parte. Un azzardo, perché i fedelissimi sono spesso i primi a tradire. Calenda e Renzi aspettano, sulle opposte rive del fiume, di veder transitare il cadavere del centrodestra di governo per spartirsi le spoglie di ciò che resterà di Forza Italia ma persino di quella Lega di governo che ha tradito tutte le promesse e tutti i sogni iniziali.
I pentapoltronati, tornati ad essere più di lotta e meno di governo, recuperano qualche punto percentuale nei sondaggi, ma vanno comunque incontro ad una sconfitta annunciata e si preparano alla resa dei conti finale. Nel Pd non mancano gli esponenti che vorrebbero, dopo il voto, un riavvicinamento a Conte. Ma, nel frattempo, Di Battista ha ripreso a far politica “dal basso” e potrebbe andare a prendersi il Movimento dopo la sconfitta di settembre. Magari per creare l’unica opposizione all’ammucchiata del governo di emergenza.
Esistono alternative? Sarebbero esistite se il centrodestra avesse avuto il coraggio di parcheggiare la propria attuale classe dirigente puntando sulla qualità. Ma dove si premiano parenti e fedeli, la qualità diventa un fastidio più che un optional.