Ma siamo proprio sicuri che Beppe Grillo abbia avuto una reazione isterica per la vicenda giudiziaria del figlio? Che abbia sbroccato? Che sia andato fuori di testa? Questa è l’immagine che è passata. O che proprio lui, Grillo, ha voluto che passasse. È un attore, un animale da palcoscenico. E potrebbe aver scelto di fare il matto per garantirsi una uscita di scena definitiva. Magari non dalla politica ma almeno dal Movimento 5(mila) poltrone.
Perché il suo discorso, anzi il suo strillo, è coinciso con la rottura tra i 5(mila) poltrone e Casaleggio jr con la sua piattaforma Rousseau. Dunque i pentapoltronisti scaricano il figlio dell’ideologo e prendono le distanze dall’uomo simbolo. L’emancipazione è riuscita, ora il campo è libero per la nuova dirigenza affidata ad un personaggio triste come Conte.

È il momento della normalizzazione, la rivoluzione è finita e sono rimaste le poltrone.
Se Grillo non avesse fatto l’idiota, avrebbe continuato a fare ombra al modestissimo e spento Conte. Invece l’esperienza pentastellata è terminata per lasciar spazio all’avventura poltronista. Dunque via i simboli del passato, da riporre in soffitta. Meglio ancora se con uno strascico giudiziario con Casaleggio e Rousseau. Meglio ancora se con insulti ed accuse rivolte a Grillo.
Non a caso uno dei pochi a solidarizzare con l’attore, ma solo sul piano umano di padre, è stato Dibba che con i poltronisti ha chiuso.
Però, se davvero fosse una strategia decisa a tavolismo, si tratterebbe di un’operazione di cinismo estremo. Perché si insulta una ragazzina e si penalizza processualmente il proprio figlio. A meno che Grillo abbia già ottenuto garanzie su quel fronte. Perché l’utilizzo politico della giustizia non è certo una novità in Italia.