Corrado Artale è l’autore della novelization. Un genere nuovo, foriero di grandi prospettive.
Quando è nata la sua collaborazione con il regista Pupi Oggiano?
La nostra collaborazione è iniziata quando Stefano mi ha chiesto di curare i testi di quello che avrebbe dovuto essere un cortometraggio, la Paura trema contro. Poi il progetto si è dilatato diventando un film, a riprese ultimate me l’ha fatto vedere e mi ha proposto di buttar giù una novelization. Siamo due nostalgici, ci piaceva l’idea di rispolverare una moda editoriale assai diffusa negli anni 70/ 80.
Quali sono le differenze e le affinità tra la sua precedente novelization “La Paura trema contro” e la sua nuova novelization “… E tutto il buio che c’è intorno” ?
In entrambi i casi, mi sono sforzato di mantenermi fedele all’idea di partenza, alle situazioni, ai personaggi… di rispettare lo spirito del film ma in piena libertà, servendomi della scrittura per approfondire le psicologie dei protagonisti e aggiungere dettagli che nelle versioni cinematografiche non c’erano. La differenza sostanziale sta nel fatto che quando ho partorito E tutto il buio che c’è intorno il film e la sceneggiatura ancora non esistevano, c’era solo il soggetto; quindi ho creato in totale libertà, mettendoci molto di mio. Il risultato è un racconto assai più personale rispetto a La Paura… che per certi versi ha ispirato la sceneggiatura (alcune idee a Stefano sono piaciute e le ha inserite nel film).
E’ corretto considerare la sua novelization, una sintesi di fiaba e racconto horror?
Certamente, alla base di tutto c’è un’allegoria che rimanda decisamente ai cari, vecchi “c’era una volta”. Del resto, molte fiabe che ci deliziavano da piccoli facevano paura!
E’ corretto vedere nel libro una rielaborazione di Dante, in particolare per quel che riguarda il peccato e la sua pena, come conseguente contrappasso?
Non ci avevo pensato… sì, credo che al di là di tutto Stefano avesse in mente la poesia dantesca, che a dirla tutta ha ispirato tanta narrativa del terrore… basti pensare a successi hollywoodiani come il Seven di David Fincher. O cose dimenticate del gotico anni 70 come La Terrificante notte del demonio, di Jean Brismée.
È vero che Lei ha trasposto nel libro, il gioco di colori come specchio di emozioni e sentimenti, presente nel film?
Non proprio. I colori sono una costante nel cinema di Oggiano, fin da La Paura trema contro si è servito di cromatismi particolari per sottolineare stati d’animo e situazioni narrative. Ho tenuto presente la cosa ma un racconto letterario si muove su binari diversi rispetto a quello cinematografico, mi serviva un’altra dimensione narrativa… sicuramente in E tutto il buio che c’è intorno il contrasto fra luce e oscurità viene sottolineato, la storia non avrebbe avuto senso altrimenti.
Nel suo libro, è corretto leggere un richiamo alla “Teogonia” di Esiodo?
No, sinceramente no. Anche in questo caso, è possibile che Oggiano abbia preso spunto da lì (non gliel’ho mai chiesto, mi avete dato un’idea per la nostra prossima discussione etilica!) ma io avevo in mente altri modelli. In particolare, il surrealismo di Bunuel con riferimento a quella che resta la sua pellicola che amo di più, L’Angelo sterminatore. E poi sono in debito con Tiziano Sclavi e i suoi universi fantastici e tormentati, i suoi personaggi estranei a qualsiasi divisione manichea fra Bene e Male.
È vero che nel suo libro è messa in luce la forza dell’amore, intesa nel suo senso più profondo di protezione e creazione?
Sì, in fondo sì. L’Amore è un sentimento potente, la nostra esistenza non avrebbe significato senza. Anche le personalità più oscure, in fondo, lo desiderano e soffrono quando ne sono private… nel mio racconto, come in altre cose che ho pubblicato, cerco di empatizzare con i miei personaggi, non importa quanto corrotti e violenti possano sembrare; in ognuno di loro vedo un bambino smarrito, in cerca di calore umano. Come faceva dire Peckinpah a uno dei suoi anti-eroi, spesso sono i peggiori fra noi quelli che più sentono il richiamo dell’infanzia, dell’innocenza.
È vero che il suo libro può essere letto come la storia della distruzione di un equilibrio e della sua ricostruzione, tramite un nuovo inizio?
Assolutamente, il succo della storia è quello. Oggiano così l’aveva concepita ed io ne ho rispettato lo spirito, come faccio sempre quando lavoriamo insieme.
È giusto dire che il suo libro offre, tra le righe, uno spunto per una sinergia positiva tra uomini e donne?
In parte, sì. Quelle sono un po’ le suggestioni narrative cui vanno dietro Oggiano e Alessandro Benna, nostro operatore di fiducia che ha anche tante idee e spesso dà suggerimenti molto validi (fa anche delle comparsate in veste di attore nei film di Stefano e ha realizzato un bel cortometraggio: s’intitola Se dici undici ed è abbastanza vicino come tematiche alle cose che gira Stefano). Sono persone molto positive, spirituali; io sono un pelino più carogna, nel racconto m’interessava rendere il candore e la naturalezza di questi personaggi francamente inquietanti ma che anche nel compiere le peggiori efferatezze conservano una certa innocenza, fanno quel che devono senza provare il minimo piacere nella crudeltà. E’ difficile simpatizzare con i cattivi, poi questa volta risulta anche più difficile stabilire se ce ne siano davvero nella mia storia… giudichino i lettori.
Può dirci qualcosa riguardo al suo prossimo libro e alla collaborazione con il regista Pupi Oggiano?
Abbiamo concordato una scaletta che vede alternare me e Gabriele Farina, di volta in volta: questa volta la sceneggiatura l’ha scritta lui, la novelization l’ho sfornata io. Per il nuovo film cui Oggiano ha già iniziato a mettere mano, Farina s’è occupato della novelization e io ho messo mano al copione. Per un altro libro mio, quindi, dovrete attendere il progetto cinematografico successivo.