Idee poche, programmi imbarazzanti. Ma, come sempre, il problema maggiore per il centrodestra piemontese è la scelta dei candidati. I risultati ottenuti dai parlamentari subalpini nel corso dell’ultima legislatura sono modesti, praticamente nulli. Ed allora, come un fungo dopo la pioggia, spunta nuovamente Mino Giachino che chiede al centrodestra di scegliere i candidati con criteri meritocratici. Praticamente una freddura, considerando la qualità dei parlamentari e di molti assessori regionali.
Giachino mette sul piatto la manifestazione da lui organizzata in favore della Tav Torino-Lione che ha smosso l’immobilismo romano. E poi le sue insistenze per un intervento pubblico a favore delle aziende dell’indotto auto, scaricate dalla famiglia Elkann/Agnelli davanti alla quale si erano zerbinati per decenni e decenni. Gli sciocchi adoratori dell’Avvocato non avrebbero meritato nulla, ma ci sono 40mila posti di lavoro da salvare.
Per questo Giachino vorrebbe candidarsi nel collegio che comprende la Val Susa, magari per sfidare un ex ministro grillino trasmigrato nella coalizione a guida Pd.
Tutto giusto, peccato che la nomenclatura non preveda di essere scalzata per una questione di meritocrazia. Lo si è visto anche in occasione delle ultime amministrative. Ma ancor prima con la scelta degli assessori e, in precedenza, con una serie di deputati e senatori. Inevitabile che i risultati ottenuti siano men che modesti. E non è certo solo colpa del centrodestra, dal momento che la qualità sul fronte opposto è la medesima. Basti pensare ai ministri e sottosegretari in arrivo dal territorio piemontese, con qualche rarissima eccezione.
Dunque i collegi sicuri saranno assegnati con i consueti criteri che di meritocratico non hanno nulla. E lo stesso vale per quelli incerti. Solo i collegi considerati già persi potrebbero vedere le candidature di qualche personalità estranea alla nomenclatura. Tanto per dimostrare che chi non fa parte del “sistema” non ha possibilità di successo.