La prima nazione dell’America latina ad essere chiamata al voto nel 2021 sarà l’Ecuador, precisamente il 7 febbraio quando gli elettori della nazione sudamericana dovranno effettuare una scelta al fine di rinnovare i 137 seggi dell’Assemblea Nazionale e la presidenza del Paese.
I sondaggi indicano il candidato scelto dall’ex presidente populista di matrice socialista Rafael Correa, l’economista Andrés Arauz, come sicuro vincitore del primo turno ma con un distacco ancora lontano dall’evitare il ballottaggio previsto per il successivo 11 aprile.
Alle sue spalle a contendersi la seconda posizione sarebbero l’imprenditore Álvaro Noboa e il candidato della lista indigenista Yaku Pérez con il banchiere Guillermo Lasso, già sconfitto nel 2017 dall’attuale presidente Lenín Moreno, staccato di quasi dieci punti percentuali.
Proprio l’attuale inquilino di Palacio de Carondelet, dopo aver deciso di non ricandidarsi alla guida del Paese, sembra in forte difficoltà non essendo riuscito a portare con sé l’elettorato di sinistra fedele a Correa sulle nuove posizioni moderate assunte nel corso del mandato e avendo riposto le proprie speranze di continuità nella candidatura di Ximena Peña, attualmente attestata di poco sopra l’1% dei consensi.
In questo primo quadro a meno di cinquanta giorni dal voto decisivo per il futuro della nazione la decisione del Consiglio d’amministrazione del Fondo Monetario Internazionale, relativa allo sblocco immediato dei due miliardi di dollari in favore dell’Ecuador per aiutare il Paese a far fronte alle conseguenze sanitarie ed economiche derivanti dalla pandemia di coronavirus, appare un favore sia all’attuale esecutivo che ai candidati della destra liberale che, qualora fosse Pérez lo sfidante al secondo turno di Arauz, si troverebbero completamente fuori dai giochi.
Un rischio altissimo che, oltretutto, riconsegnerebbe in un breve lasso di tempo l’Ecuador al fronte dell’Alba come già avvenuto di recente con la Bolivia.
