E adesso che faranno i poveri Mattarella e Tajani? Convocheranno l’ambasciatore statunitense per protestare contro l’assassinio a sangue freddo, da parte della polizia, di Keenan Anderson, cugino della fondatrice di Black Lives Matter? Oppure faranno finta di niente? Sentiremo le parole di fuoco contro i governi che ammazzano i propri cittadini? Oppure la polizia negli Usa può uccidere chi vuole, quando vuole, a prescindere dalla situazione?
Imbarazzante la posizione degli atlantisti italiani. Giustamente indignati di fronte alle violenze di Stato nei Paesi “cattivi” ma molto meno indignati quando le vittime sono la conseguenza della repressione nei Paesi amici. Se poi i crimini sono commessi a casa del padrone d’oltreoceano, il silenzio è di tomba.
Un silenzio che assomiglia tanto a quello per le vittime della repressione in Italia. Giusto, sacrosanto, ricordare Sergio Ramelli, assassinato dai comunisti milanesi. Però, chissà perché, la destra fluida di governo si è dimenticata di ricordare Alberto Giacquinto, diciassettenne assassinato da un poliziotto che gli sparò alla nuca nonostante fosse disarmato.
Ovviamente nessun presidente della repubblica di altri Paesi si indignò, nessun ministro degli Esteri convocò l’ambasciatore italiano per protestare. D’accordo, erano altri tempi. Ciascuno si occupava dei problemi suoi. Però se i tempi sono cambiati e si organizza la pubblica gogna contro gli omicidi di Stato a Teheran, contro la polizia iraniana che uccide ragazze che protestano senza armi, perché Mattarella e Tajani non fanno altrettanto quando è la polizia di Biden ad uccidere? La risposta la conoscono tutti, ovviamente.