In Italia l’editoria non conforme ha una decennale tradizione. Nel corso degli ultimi anni, però, il numero delle case editrici che si rifanno al pensiero tradizionale, identitario, conservatore e sovranista è andato via via aumentando fino a costituire una piccola galassia.
Il problema sta nel fatto che si tratta di un gran numero di iniziative certamente lodevoli e spesso condotte in modo faticoso, ma tutto sommato piccole e quasi del tutto slegate le une dalle altre.
Poche sono quelle che hanno avuto la forza economica o forse il coraggio di presentarsi agli appuntamenti fieristici degli scorsi anni quali il Salone Internazionale del Libro di Torino o alla Fiera della piccola e media editoria di Roma.
Solitamente questi piccoli editori, pur mettendo sul mercato prodotti di qualità, si accontentano di soddisfare una piccola cerchia di lettori affezionati che ne consente la sopravvivenza. E dire che oggi come oggi, grazie alle grandi catene di distribuzione on line, raggiungere un pubblico vasto è decisamente più facile di quanto non fosse anche solo una decina di anni fa.
Per questo motivo era stata salutata con grande favore l’iniziativa di FEDERaZIONE che, il 28 marzo di quest’anno, aveva organizzato a Roma il primo Salone dell’editoria Identitaria. Una lodevolissima iniziativa che è stata cancellata in seguito alla chiusura di ogni manifestazione pubblica a causa dell’espandersi dell’epidemia del Covid-19.
All’incontro avrebbero preso parte venticinque editori, dai più consolidati fino ai nuovissimi, tra cui spiccavano le Edizioni di Ar, Eclettica, Il Cerchio, Idrovolante, Il Settimo Sigillo, Ferrogallico, Altaforte, All’Insegna del Veltro, vale a dire tutte le più importanti e, in alcuni casi, “storiche”, tra quelle che propongono libri controcorrente. Pur con qualche “buco” (per esempio OAKS, Historica, I Libri del Borghese, GOG, per citarne solo alcuni) si sarebbe trattato di un momento fondamentale per cominciare a creare una rete che oggi manca del tutto.
Dal confronto e dallo scambio di idee e di esperienze non può che nascere qualcosa di buono. Molte di queste case editrici non riescono infatti a uscire dalla loro torre d’avorio, fanno fatica a incontrare nuovi autori di qualità, e troppo spesso si limitano a riproporre testi, argomenti e autori datati che rischiano di soddisfare l’interesse di un troppo esiguo numero di lettori. Inoltre le realtà più piccole, a causa delle scarse risorse economiche, fanno molta fatica e spesso non riescono affatto a farsi conoscere in modo adeguato, tanto da perdere l’occasione di mettersi in contatto con un pubblico che esiste, è curioso ed è anche disposto a spendere.
Ci auguriamo pertanto che gli organizzatori del SEI non si perdano d’animo e riescano a trovare l’energia necessaria per riproporre, magari già il prossimo anno, la loro iniziativa. Chissà che il tempo intercorso non dia loro la possibilità di coinvolgere un maggior numero di editori e, perché no, di visitatori.