L’Egitto è pronto alla guerra. Guerra vera, diretta. Mentre il parlamento italiano sa occuparsi solo di Zaki, perché uno sguardo d’insieme richiederebbe la fatica di informarsi e magari persino di capire, Il Cairo inaugura una nuova base nel Mediterraneo e lancia segnali inequivocabili all’Etiopia che insiste con le provocazioni legate alla nuova diga sul Nilo.

Il presidente etiope – sì, proprio quello che ha ricevuto il Nobel per la pace, tanto per chiarire la serietà del premio – dopo aver scatenato una offensiva nel Tigrai, assicura di non temere uno scontro con l’Egitto. E neppure con il Sudan che, nella questione del Nilo, è schierato con Il Cairo.
Certo, il problema fondamentale è Zaki. Non le alleanze che si stanno creando in vista di una guerra che rischia di far saltare tutti gli equilibri in una vastissima area. Perché l’Egitto è impegnato nella guerra di Libia. Sostiene la Cirenaica di Haftar, insieme a russi e francesi. Mentre la Tripolitania conta sull’appoggio dei turchi. Ma gli egiziani, alleati degli Emirati arabi, sono anche dalla parte di Grecia e Cipro nel contenzioso con Ankara. Che, a sua volta, si ritroverebbe dalla parte dell’Etiopia in un eventuale conflitto per il controllo dell’acqua del Nilo.
E l’Italia? L’Italia atlantista è riuscita ad insultare Erdogan e ad irritare Al Sisi. Perché mediare tra i due quando si può litigare con entrambi? Una politica estera di alto livello e di grande lungimiranza. Nel frattempo l’Italia insiste con le sanzioni contro la Russia e blocca i progetti commerciali con la Cina.

Un’Italia così attenta agli ordini di Washington da non accorgersi che Berlino prosegue negli accordi con Mosca per il raddoppio del gasdotto è sempre Berlino, insieme a Parigi, hanno ripreso il dialogo con Pechino nonostante la rabbia di Biden. Ma l’Italia concederà la cittadinanza a Zaki e la pace nel mondo sarà assicurata