Ego Scriptor….per i giovani, probabilmente, è, al massimo, il titolo di un album del 2004, dei Frog Eyes, una Indian band canadese…
Per me è il risuonare di un verso di Pound : “from wreakage of Europe /ego scriptor.” Cantos LXXVI. E di una musica, anche. Sempre sua, sempre di Pound. Che, anche se è poco noto, fu pure compositore. Una passione musicale accentuata dal suo rapporto con Menotti. E che spiega molto della profonda e particolare armonia della sua poesia…
Ed anche Valery utilizza questa, icastica espressione, Ego Scriptor, nei titoli dei suoi Quaderni. Perfetta sintesi delle sue due passioni: la poesia e la matematica.

La traduzione dal latino è, apparentemente, elementare : io scrittore. Ma Ego ha sempre una funzione enfatica. Rafforzativa. Indica, in questo caso, una determinazione. Un destino. Sottolinea un senso di solitudine. Di fronte al tracollo e alle rovine della Civiltà, in Pound. Perché scrivere è azione per preservare la memoria. Per salvare ciò che si può dal naufragio. Come gli amanuensi irlandesi nei monasteri, che copiavano i manoscritti antichi, mentre, al di là di un braccio di mare, l’impero di Roma, l’ordine, era sconvolto dalle invasioni barbariche. E tutto sembrava andare in fiamme. Perduto.
Scrivere è, dunque, azione fondamentale. Preservazione della memoria. Della cultura. Della propria tradizione. Ed è, forse, proprio per questo che, oggi, la scrittura sta di fatto sparendo dall’educazione. Dal curriculum di studi dei nostri figli e nipoti.

Perché, di fatto, gli scritti stanno venendo eliminati dalla scuola italiana. A tutti i livelli. Il segnale è che, per il secondo anno consecutivo, non vi saranno prove scritte all’esame. Non a quello di maturità. E neppure a quello di terza media. Quanto all’università… beh è da tempo che sono sparite. Sostituite dai test a crocette. Altra cosa.
C’è il Covid, mi direte. È una situazione eccezionale. Non si può fare diversamente…
Ora, a parte il fatto che mi risulta arduo comprendere come il fare un tema d’italiano potrebbe rappresentare una minaccia per la pubblica salute, temo che non sia un fatto eccezionale. O semplicemente transitorio.
Un po’ perché siamo in Italia. Paese dove il transitorio diventa perpetuo – si veda il Tricolore orbo dello Stemma Sabaudo o l’inno di Mameli, entrambi provvisori… Effetto di una storica inerzia e faciloneria che connota le nostre pubbliche istituzioni. E basterebbe già questo.
Tuttavia all’eliminazione dello scrivere concorrono ben altre ragioni. Più profonde e generali. Perché per scrivere ci si deve costringere a pensare. Mentre per parlare basta dare aria alla bocca. E quando scrivi sei costretto a cercare di mettere in ordine i tuoi pensieri. A seguire un processo logico. Non per nulla la buona vecchia analisi logica la ha inventata un tizio che si chiamava Aristotele. Ed era non una semplice pratica, ma un vero e proprio esercizio dello Spirito. Volto ad assumere il controllo di quel caos magmatico che è, ordinariamente, la nostra mente… a disciplinarla. A farne un duttile strumento di conoscenza.
Già molto si era perso con l’eliminazione dell’educazione retorica. Con un parlare sempre più indisciplinato, vago, approssimativo. Ormai gergale. Con l’abbandono dello scritto la china diverrà un precipizio vertiginoso.

Si vabbè… ma anche se si tolgono le prove scritte questo mica impedisce, durante l’anno, che gli studenti facciano temi e simili, no?
Ma voi li conoscete gli insegnanti di oggi? Correggere i compiti costa lavoro. Fatica. Ore ed ore di cui nessuno ha mai tenuto debito conto. Mia madre si portava a casa ogni settimana i Quaderni dei suoi allievi delle Medie. E passava Sabato e Domenica a correggerli. Puntigliosamente. Ma oggi…
Oggi già le prove scritte erano ridotte al minimo. Al liceo un paio per quadrimestre. Quattro all’anno. E poi a correggere sono ormai docenti non più adusi alla scrittura. Molti, i più, non prendono una penna in mano da quando erano loro stessi liceali. Ed è ben difficile insegnare ciò che noi stessi non siamo in grado di fare.
Non dimentichiamo, poi, l’entusiasmo di troppi per la DAD. Chiara spia di un atteggiamento che denota una voglia di lavorare e, sopratutto, un interesse per i propri allievi di qualche punto inferiore allo zero. Atteggiamento suicida, perché, tra non molto, porterà a realizzare che, in tale contesto, la figura dell’insegnante è, ormai obsoleta. Superflua…

Ma torniamo allo scrivere. I segnali della sua progressiva abrogazione sono numerosi. Sempre più si va affermando l’uso dello stampatello. A scapito del corsivo. Pone meno problemi di decifrazione, certo. Ma è, al contempo, piatto. Amorfo. Il corsivo, bello o brutto, esprime la personalità, il subconscio di chi scrive. Rivela i suoi tormenti. La grafologia non si può applicare allo stampatello. E l’educazione alla calligrafia, ormai sparita dai programmi delle Elementari, era un modo per educare l’anima del bambino all’ordine. E alla bellezza.
Lo stampatello porta all’annichilimento della personalità. La tastiera dello smartphone, con le sue abbreviazioni, ad una neolingua capace di rappresentare ed esprimere solo la superficie delle cose. Il minimo Comun denominatore di una massa impersonale e ottusa. Quindi più facile da governare…
La sto facendo troppo lunga. E, certo, qualcuno penserà che sono solo un vecchio nostalgico delle aste e degli esercizi calligrafici…
Tuttavia, mi viene in mente il verso di Pound che ho già citato.
Tra i relitti dell’Europa, Ego Scriptor…